«Irregolarità  nei conti» Ombre e veleni a Sanpa

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RIMINI — Ci sono le parole di Giacomo Muccioli, che da San Patrignano se ne andò 3 anni fa, sbattendo la porta dopo un pesante litigio con il fratello Andrea: «Negli ultimi tempi ci sono state delle cose che mi hanno fatto soffrire e che non ho condiviso nella condotta della comunità . Però ora è difficile immaginare un futuro a San Patrignano senza Andrea» . E ci sono anche quelle dei referenti della comunità , costretti ieri a smentire con tanto di dispaccio Ansa che «si siano create fazioni contrapposte, pro e contro Muccioli, tra i 1.500 ragazzi della comunità » .
Ci sono voci incontrollate, alcune senza riscontro, che disegnano scenari velenosi, storie di soldi e di liti a dir poco sgradevoli, dietro il divorzio tra la famiglia Muccioli e la sua creatura, San Patrignano, modello irripetibile di comunità  antidroga, isola inventata nel 1978 da Vincenzo, padre di Andrea e Giacomo, e cresciuta a dismisura, tra successi innegabili, polemiche feroci e processi, fino a diventare una comunità  azienda con un fatturato da 30 milioni e 350 dipendenti.
Ci sono nebbie e mezze verità  dietro le 10 righe di comunicato con il quale i Moratti, Gianmarco e Letizia, da più di 30 anni pilastri finanziari di San Patrignano, hanno, di fatto, dato il benservito ad Andrea Muccioli, che da 16 anni, dalla morte del padre Vincenzo, guidava incontrastato l’impero di Coriano. Scaricato alla velocità  della luce, il quarantaseienne Andrea, roba che nemmeno al più maldestro degli allenatori di calcio succede.
Dalla comunità  rimbalza una versione diversa, anche se non troppo: «Muccioli pensava da tempo di staccare la spina e aveva programmato un’uscita graduale: poi una serie di tensioni e pressioni hanno accelerato il processo…» . Sono stati i Moratti ad accelerare il processo. E lo hanno fatto quando hanno avuto sentore che qualcosa non tornava, o così pareva, nella gestione economica. «Irregolarità  nei conti» . «Investimenti non sempre condivisi» .
Sospetti e voci provenienti dall’interno della comunità , da gente che per anni ha lavorato al fianco di Muccioli, e di cui magari non gradiva il carattere chiuso, a volte scontroso. Dal bunker di San Patrignano i referenti dicono di cadere dalle nuvole: «Mai sentito niente del genere, è fango messo in giro da chi ci vuole male» . Difficile in questo momento fissare un preciso confine tra fatti e insinuazioni. Ciò che resta sotto gli occhi è l’inspiegabile rapidità  con la quale il già  sfilacciato rapporto tra i Moratti e Muccioli ha fatto crac.
Un Muccioli, racconta Daniele Imola, ex sindaco di Riccione, fino al giugno scorso e per 2 anni tra i dirigenti del settore commerciale della comunità , che «viveva con enorme tensione la gestione economica, costretto a continue mediazioni, incalzato da mille problemi» .
 È una macchina complessa, San Patrignano, nella quale convivono due anime dai fini e dai metodi opposti: quella comunitaria per il recupero dei ragazzi dalla droga e quell a aziendale (equitazione, vini, formaggi), i cui proventi (12 milioni) sono destinati a coprire il fabbisogno della comunità  (poi ci sono 15 milioni dalle donazioni e altri 3,5 da contributi pubblici per progetti di formazione). «Tenere insieme queste due anime — spiega Imola — richiede uno sforzo e un equilibrio eccezionali. Un lavoro che sfianca.
 I Moratti, soprattutto Gianmarco, vivono con questa straordinaria esperienza: seguono tutto, senza mai essere invasivi e continueranno…» . Così, almeno, hanno assicurato. A loro ora si aggrappano le migliaia di famiglie, con ragazzi al Sanpa, allarmate per un futuro tutto da disegnare. «La transizione sarà  breve, il dopo Muccioli verrà  deciso collegialmente» assicurano sulla collina di Coriano. Anche i Moratti hanno fretta: stanno vagliando una serie di nomi, cercano una figura di loro completa fiducia. Se non siamo al «commissariamento» , poco ci manca.


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