Per gli Usa è il giorno peggiore

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 È stato il giorno più sanguinoso per le truppe Usa, nella quasi decennale guerra in Afghanistan. Un elicottero da combattimento Chinook è stato abbattuto nelle prime ore di ieri nella provincia di Wardak, appena a ovest della capitale Kabul, e nello schianto sono morti i 38 soldati a bordo: 31 americani e 7 afghani.Sia gli insorti Taleban che le autorità  provinciali hanno detto che l’elicottero è stato abbattuto dai ribelli. Anche il presidente afghano Hamid Karzai afferma che l’elicottero è precipitato durante un combattimento. Il comando della missione Isaf-Nato ieri sera non confermava le cause dello schianto: si limitava a dire che nella zona «c’era attività  nemica». Ufficiali americani hanno poi confermato che 22 tra i morti sono uomini dei Navy Seals, forze speciali. Certo l’episodio conferma l’aumento di intensità  dei combattimenti nelle ultime settimane – in contrasto con le ripetute dichiarazioni di «progressi». Con quelli di ieri, i soldati stranieri morti finora in Afghanistan nel 2011 salgono a 374; in tutto il 2010, anno più sanguinoso del decennio, sono stati 711.

Un portavoce dei Taleban, Zabiullah Mujahid, ha dichiarato per telefono alle agenzie di stampa che lo schianto è avvenuto presso Joi Zareen, nella valle di Tangi: l’elicottero aveva attaccato una casa abitata da combattenti ribelli i quali si sono difesi sparando il razzo che lo ha abbattuto. Il combattimento è poi proseguito e 7 combattenti Taleban sono morti, ha aggiunto.
Secondo il portavoce del governatore del Wardak l’elicottero sarebbe stato abbattuto verso la fine del combattimento, e non all’inizio come dicono i Taleban. Ma certo agli strateghi della Nato interesserà  di più capire se davvero quella specie di carrarmato volante che è un Chinook è stato abbattuto da una «rocket-propelled grenate», Rpg (le granata su lanciarazzi), o da qualcosa di più sofisticato: nel primo caso sarebbe un colpo «fortunato» per i Taleban, perché le Rpg sono ben poco accurate; nel secondo caso sarebbe un allarme per la superiorità  strategica Usa, che è fondata sull’aviazione (qualcuno già  ricorda che negli anni ’80 per i sovietici le cose si misero al peggio, in Afghanistan, quando gli Usa hanno fornito ai mojaheddin i missili portatili Stinger).
Appena il mese scorso in Afghanistan è formalmente cominciata la «transizione» delle responsabilità  di sicurezza dalle forze Nato a quelle afghane, e due settimane fa anche il (modestissimo) ritiro di parte delle truppe Usa aggiuntive arrivate un anno fa (quelle della surge voluta dall’allora comandante David Petraeus), in vista del ritiro completo nel 2014.
Sta di fatto però che l’attività  dei Taleban non è solo intensa (come normale in questa stagione), è anche estesa a distretti e zone finora considerate relativemente sicure, ad esempio nel nord del paese. Ed è assai dubbio che le forze armate e la polizia afghane siano davvero preparate. E dire che il loro addestramento ha assorbito oltre metà  degli aiuti internazionali giunti in Afghanistan, cioè 29 miliardi di dollari tra il 2002 e il 2010: lo ricorda il Crisis group, centro di ricerca internazionale, in un rapporto diffuso giorni fa, dove nota che in 10 anni di interventi gli occidentali non hanno saputo costruire uno stato afghano stabile né economicamente sostenibile. E critica: manca una strategia coerente, su come rafforzare lo stato prima del dicembre 2014; la strategia di subordinare gli interventi di ricostruzione agli obiettivi di contro-insurrezione è fallimentare. Gli aiuti internazionali all’Afghanistan ammontano a 57 miliardi di dollari dal 2001, contro i 90 promessi, ma secondo il Crisis Group «nessuna somma riuscirà  a stabilizzare il paese nei prossimi tre anni senon cambiano drasticamente le strategie, prirorità  e programmi» occidentali.


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