«Incriminare i politici per i debiti»

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«I miei rivali dovrebbero soffrire come Raskolnikov» , il protagonista di Delitto e castigo che persegue il male per fini superiori. Ferenc Gyurcsà¡ny la prende con filosofia. L’ex leader socialista si limita a citare Dostoevskij dopo l’annuncio della legge allo studio del governo di centrodestra oggi guidato da Viktor Orbà¡n. La norma prevede l’incriminazione di ex premier e ministri delle Finanze per «gestione criminale» dell’economia e si presenta come un nuovo capitolo della «rivoluzione» proclamata dal partito di maggioranza Fidesz.
L’opposizione denuncia l’ennesimo esempio della stretta autoritaria — e persecutoria — dei nazionalpopulisti ungheresi. La legge stabilirebbe un precedente internazionale allarmante per i leader di Paesi pesantemente indebitati come l’Ungheria, nel 2008 primo Stato Ue a chiedere aiuto al Fondo monetario internazionale. Tra il 2002 e il 2010 il debito pubblico di Budapest è schizzato dal 53 all’ 80 per cento del Pil. Secondo un’indagine parlamentare conclusasi nel weekend le coalizioni a guida socialista che hanno governato il Paese in quegli otto anni «hanno commesso un crimine politico» e devono risponderne. In sede penale.
 I primi ad andare alla sbarra sarebbero Péter Medgyessy, già  ministro delle Finanze e premier dal 2002 al 2004, e il successore Ferenc Gyurcsà¡ny, «il Tony Blair ungherese» in carica fino al 2009, quando si dimise sull’onda lunga dello scandalo dei nastri registrati nel 2006: «Sulle finanze — aveva detto in un incontro a porte chiuse — abbiamo mentito ai cittadini mattino, pomeriggio e sera» . «Non riesco a vedere come questa misura possa essere legale — dice ora Gyurcsà¡ny al Financial Times —. Fa parte di un complicato gioco politico di Fidesz per screditarmi» .
Andrebbe a giudizio anche Gordon Bajnai, l’economista che con il suo governo tecnico tentò di condurre il Paese senza troppi scossoni alle elezioni del 2010, quando gli elettori voltarono le spalle ai disastri socialisti e consegnarono due terzi del Parlamento all’ex dissidente liberale Orbà¡n, passato dalle barricate antisovietiche dell’ 89 alla retorica etnico-irredentista della grande nazione magiara di Fidesz.
In poco più di un anno il suo governo ha impresso alla politica nazionale una decisa svolta centralista modificando la Costituzione e varando provvedimenti che hanno destato preoccupazione all’interno dell’Unione europea come la legge bavaglio sulla stampa, l’abolizione dell’autorità  di controllo del Bilancio, l’attribuzione della cittadinanza agli ungheresi all’estero. Tenendo alta la tensione contro nemici sempre in agguato, dalle multinazionali predatrici alle minoranze criminalizzate, fino ai burocrati corrotti. «Qualsiasi processo ai vecchi leader durerebbe anni — dice Krisztian Szabados del think tank Political Capital — il governo potrebbe dimostrare che i socialisti sono davvero criminali» .
E mantenere indisturbato il controllo anche dopo il voto del 2014. «Legge antidemocratica — commenta il direttore del Freedom and Reform Institute, orientato a destra— sanzionare le politiche del passato equivale a dire che qualsiasi decisione può essere annullata. Se autorizziamo la legislazione retroattiva in questo Paese, nessuno sarà  più al sicuro» .


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