La Camera salva Verdini, non Milanese

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ROMA— I magistrati napoletani possono utilizzare i tabulati telefonici del deputato Marco Milanese (Pdl), l’ex braccio destro del ministro Tremonti accusato di corruzione, e anche aprire le sue cassette di sicurezza che si trovano a Roma e aMilano. Invece i pm abruzzesi che indagano sugli appalti del G8 devono rinunciare alle intercettazioni indirette in cui è incappato uno dei coordinatori del Pdl, Denis Verdini, indagato per tentato abuso d’ufficio all’Aquila.
Lo ha deciso l’aula della Camera confermando il voto che la maggioranza aveva già  espresso in giunta per le autorizzazioni: via libera, dunque, alle richieste per Milanese (538 sì, 28 no), stop invece a quella per Verdini (301 contrari, 278 favorevoli) grazie anche ai 6 radicali che hanno votato con Pdl, Lega ed ex Responsabili. Ma questo è solo un assaggio.
Altre votazioni slittano al 19 settembre quando la Camera dovrà  stabilire se concedere l’arresto per Milanese e se approvare la mozione di sfiducia per il ministro Saverio Romano accusato di reati di mafia dalla Procura di Palermo. Intanto, al momento del voto, ieri si sono manifestati plasticamente sui banchi del Pdl due distinti destini. Milanese conosce già  il responso dell’Aula e, quindi, legge la sua autodifesa per non sbagliare parole: «Sono innocente, le accuse contro di me sono false e ipocrite… L’onta che mi sovrasta può essere eliminata solo se i magistrati possono continuare a indagare. Per cui vi chiedo di concedere le autorizzazioni. Anche se mi fanno male le accuse mosse da chi siede in quest’aula» . Milanese, con la voce rotta dall’emozione, imposta una difesa processuale, chiedendo di indagare su chi lo accusa di aver divulgato notizie riservate, ma prima di concludere si rivolge al segretario del Pd Pier Luigi Bersani: «Sarebbe imperdonabile non chiedere cosa c’è dietro la macchina del fango che sta attaccando i partiti…» . Bersani raccoglie la sfida: «Non c’è nessuna sottovalutazione, ma non ci può essere un’ammucchiata. Non rivendichiamo differenze genetiche ma differenze politiche sì» . Diverso l’approccio di Denis Verdini che affronta l’Aula con piglio più aggressivo.
Parla a braccio il coordinatore del Pdl. Rivolge lo sguardo a mo’ di sfida verso Antonio Di Pietro («Mi offende se dice che facciamo un gioco delle parti quando chiedo il via libera per le autorizzazioni che mi riguardano» ) e lancia il suo manifesto politico: «Parlo non per me, tanto sono due anni che mi sputtanano, due anni che vengo travolto dal tritacarne mediatico giudiziario. Io sono andato dai pm e lì sottoposto a interrogatorio quando già  giravano le “chiavette”con le mie intercettazioni» . Dunque, arringa Verdini, «io non ho paura, sono abbastanza forte, nessuno mi distruggerà . Ho perso molte cose ma non la mia onorabilità . Quindi parlo per chi verrà  dopo e dico che ora è giusto riflettere su questa lacunosa legge sulle intercettazioni» (in Aula il 26 settembre). Così Verdini guadagna l’applauso caloroso del Pdl che fa sfigurare il tiepido battimano ascoltato per Milanese.


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