Obama non salva le Borse Milano brucia 15 miliardi
MILANO — Agosto comincia nel peggiore dei modi sui mercati con nuovi pesanti ribassi sui listini europei, spaventati dai dati cattivi sull’industria americana, nonostante l’accordo sul tetto del debito Usa trovato domenica notte a Washington. Milano, con un crollo del 3,87%, è stata ancora una volta maglia nera d’Europa. Eppure la giornata era cominciata con il segno più, grazie all’annuncio del presidente Barak Obama sul compromesso raggiunto tra Democratici e Repubblicani per evitare il default negli Stati Uniti. Dopo i rialzi sui mercati asiatici, anche le Borse del Vecchio Continente hanno cominciato bene, con un inzio sprint per Milano, la migliore, in volo del 1,9%. Poi, a metà seduta, in attesa dell’apertura di Wall Street, il vento ha girato.
Piazza Affari è passata in negativo, appesantita dalla caduta dei titoli bancari, seguita da Madrid e Lisbona. A New York, l’avvio positivo però è stato fermato, dopo appena un’ora di contrattazione, dal dato sulla frenata dell’industria manifatturiera americana. E sui mercati europei è tornata la paura, con Milano arrivata a perdere anche il 4%. A fine giornata anche Londra è scesa dello 0,70%, Madrid ha perso il 3,24%, Francoforte il 2,86%, Parigi il 2,31%. Mentre sul finale a Wall Street il Dow Jones ha ridotto le perdite (-0,09%) e il listino tecnologico ha terminato a -0,43%.
In Piazza Affari, che ieri ha bruciato quasi 15 miliardi di capitalizzazione, si è salvata soltanto Campari (+0,61%); sono crollate invece le banche, più volte sospese per eccesso di ribasso, con Ubi, Montepaschi, Intesa Sanpaolo e Banco Popolare in ribasso di oltre il 7%, mentre Fonsai è stata il titolo peggiore (-9,19%).
Le tensioni si sono riflesse subito sui titoli di Stato e il differenziale (spread) tra i Btp e i Bund tedeschi ha segnato un nuovo record salendo a 358 punti, aggravando l’onere di finanziamento del debito pubblico italiano e accorciando ancora la distanza con i titoli spagnoli a 10 anni, che con uno spread di 377 punti fruttano un rendimento del 6,23%contro il 6,04%dei titoli italiani.
Che cosa è successo ieri? Dopo la buona partenza del mattino sui mercati si sono diffusi timori che alla Camera dei Rappresentanti potessero sorgere intoppi sull’accordo raggiunto sul debito Usa. Ma anche il dubbio che il compromesso possa non bastare a scongiurare il declassamento del debito sovrano da parte delle agenzie di rating. «La possibilità di un downgrade americano è ancora del 50%» , ha valutato l’analista del Credit Suisse, Ira Jersey, spiegando che i tagli proposti non sono sufficienti per S&P’s. E la possibilità che l’America possa perdere la tripla A, un evento inimmaginabile in passato, non fa che aumentare l’incertezza tra gli investitori di tutto il mondo, perché è un evento che cambia inevitabilmente gli equilibri globali.
Il problema vero, sulle due sponde dell’Atlantico, però resta la crescita debole. Ieri l’indice manifatturiero americano Ism di luglio era atteso a 54,9 punti dopo il 55,3 di giugno: invece, a sorpresa, è sceso a 50,9 punti, il progresso più lento negli ultimi due anni. L’economia è «quasi in stallo, mentre alcuni spingono testardamente per tagliare il deficit troppo rapidamente» . Ma così peggiorano le cose e «non fanno che alzare del 30%il rischio di una nuova recessione (double dip)» , ha scritto in un twitt l’economista Nouriel Roubini.
L’area dell’euro non va meglio: anche qui l’indice Pmi sulle imprese del manifatturiero ha confermato un rallentamento dell’attività a luglio ai minimi da quasi due anni.
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