A Nord laurearsi costa di più Parma, rette da record Bari l’ateneo più economico

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Negli anni del federalismo scolastico, e l’autonomia universitaria delle ultime stagioni ha accentuato le differenze tra gli atenei, studiare al Sud e in una facoltà  umanistica costa un terzo rispetto a un’iscrizione a chirurgia a Milano.
Gli studenti del Nord pagano rette più alte del 13% rispetto alla media nazionale per la prima fascia (chi dichiara un reddito al di sotto dei 6mila euro) e il 32% in più se si considera l’importo massimo da versare (chi dichiara oltre i 30mila euro). L’ultima rilevazione della Federconsumatori, che prende in considerazione le tasse pagate nel 2010 nelle due università  più frequentate in nove regioni italiane, l’ateneo più caro risulta Parma: 865 euro l’anno in media per la fascia più bassa, 1.222 euro per l’iscrizione a una facoltà  scientifica da parte di uno studente di famiglia abbiente. A seguire, la Bicocca di Milano: 737 euro (la media) per la fascia inferiore, che diventano 3.819 euro per un’iscrizione scientifica in quinta fascia. E poi l’Università  di Verona: da un minimo di 668 euro a un massimo di 1.912 euro.
L’ateneo più economico è l’Aldo Moro di Bari, dove facoltà  umanistiche e scientifiche costano la stessa cifra: da 283 euro a 1.290, a seconda del reddito. Alla Federico II di Napoli si va da 403 euro a 1.270. Va registrata la politica del diritto allo studio dell’Alma Mater di Bologna, dove uno studente “sotto i 6.000 euro reddituali” per iscriversi a Lettere o a Ingegneria spende solo 302 euro. Nella media nazionale, le tasse universitarie annuali vanno dai 470 euro per gli incapienti ai 1.747 euro per i benestanti, ma tra Nord e Sud e dichiaranti ricchi e poveri si arriva a differenze di oltre 2.800 euro. Medicina e Farmacologia, Ingegneria e Architettura sono le università  più care. Un ingegnere può costare a una famiglia 1.432 euro l’anno alla Federico II di Napoli e 3.000 euro alla Bicocca di Milano. Per un fuori sede si deve calcolare una spesa aggiuntiva che può arrivare a 6.958 euro annui. Le migrazioni interne per ragioni di studio in Italia rappresentano il 20,5%, un universitario ogni cinque. L’affitto è la voce più costosa. Insieme alle spese accessorie (riscaldamento, luce, condominio) la pigione raggiunge 4.982 euro l’anno se si sceglie di vivere in singola e 3.756 euro se si condivide una stanza. Pesante anche la spesa per i libri: 545 euro a stagione per le facoltà  umanistiche, il 17% in meno per le scientifiche.
Le nostre università  restano fra le più care in Europa. Solo ad Amsterdam le tasse si avvicinano a quelle italiane: fino a 1.713 euro l’anno. Gli atenei svedesi sono tutti gratuiti. La Sorbona di Parigi, dice l’inchiesta Federconsumatori, costa al massimo 500 euro per stagione e la Freit Universitat Berlin 200 euro. Più onerosi gli atenei universitari britannici, per lo più privati. La University College London, quarta al mondo nei ranking di qualità , chiede a una famiglia 9.000 euro l’anno. Gli atenei privati in Italia, pur costando in media 8.000 euro l’anno, non hanno posizioni di rilievo nelle classifiche internazionali. Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori, fa notare: «La maggior parte delle famiglie dei lavoratori autonomi, gioiellieri, albergatori, macellai, paga una tassa annuale universitaria di 535,34 euro. Lo stesso importo versato da una famiglia guidata da un operaio non specializzato».


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