L’allarme dei banchieri “Tassi di mercato troppo alti si rischia il blocco del credito”

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MILANO – «à‰ in atto una riduzione sistematica e strutturale del rischio Italia dai portafogli internazionali – sintetizza uno dei banchieri di punta del sistema italiano -. L’allargamento del differenziale Btp-Bund ha irrigidito il mercato interbancario e ha praticamente chiuso il collocamento di bond bancari presso gli investitori internazionali». La situazione che sta vivendo il sistema finanziario italiano è molto preoccupante e rischia di avvitarsi insieme all’economia. Se le banche non riescono più a finanziarsi, se non a tassi troppo elevati, non hanno più convenienza a prestare soldi alle imprese e alle famiglie a tassi più bassi, poiché così facendo perderebbero soldi invece che guadagnarli. Ma senza i soldi delle banche l’economia non gira. Le aziende non possono più finanziare gli investimenti, le famiglie congelano i consumi, i mutui non vengono più erogati. E questo avvitamento si percepisce già  in alcune statistiche che vengono pubblicate in questi giorni. Le ultime rilevazioni di Nomisma sulle difficoltà  a ottenere un finanziamento per l’acquisto dell’abitazione nelle 14 principali città  italiane, indica un “notevole aumento” (delle difficoltà ) per il 18,4% del campione, “un aumento” per il 47,7%, “invariato” per il 26,6% e “in calo” per il 6,3%.
Così come le famiglie italiane sono quelle che mostrano le maggiori difficoltà  nell’onorare i pagamenti effettuati attraverso il credito al consumo. Un paper di due ricercatori di Banca d’Italia dimostra che questa tendenza è in atto già  dal 2008, quando la crisi era agli albori, e che la percentuale delle famiglie italiane inadempienti, il 10,5%, era la più alta in Europa, contro il 2,3% del Regno Unito.
«Siamo arrivati al punto che le banche italiane per attrarre investitori internazionali sui propri bond devono garantire una parte dei prestiti con titoli di stato non italiani, come i Bund», dice un altro banchiere notevolmente allarmato per la situazione che si sta creando sui mercati. Certo, a voler trovare qualche nota positiva, si può dire che la Spagna è da circa un anno in questa situazione, con lo spread tra Bonos e Bund sopra i 300 punti. E che cosa è successo in Spagna? Una parte del costo della raccolta è stato trasferito sui clienti, attraverso maggiori spese di tenuta dei conti correnti e balzelli vari, mentre la raccolta di fondi è avvenuta attraverso lo sportello Bce. Ma le controindicazioni sono diverse: innanzitutto la Bce presta a brevissimo termine, e dunque le banche andrebbero a finanziare investimenti a medio lungo periodo con prestiti a brevissimo. E poi si rischia di chiudere completamente il mercato dei Bond i cui investitori una volta usciti difficilmente ritornano. È un fatto, comunque, che l’ultima asta della Bce di qualche giorno fa a registrato la presenza record di 165 banche per un ammontare erogato pari a quasi 85 miliardi di euro.
È sostenibile questa situazione per l’Italia? Per molti addetti ai lavori, no. Due o tre mesi con lo spread Btp-Bund a 350 punti sarebbe devastante poiché in Italia, a differenza che in Spagna, la situazione politica e istituzionale è molto più confusa e, a prima vista, senza sbocchi visibili. La credibilità  internazionale del governo è al minimo storico tanto che nei consigli di amministrazione delle grandi banche si comincia a fare domande sul “rischio Italia”. Inoltre l’impressione della comunità  internazionale è che a Roma “si parli d’altro” mentre la situazione economica va alla deriva. A ciò si aggiunga che le previsioni dei principali centri di ricerca ormai indicano una crescita zero se non negativa del Pil italiano nel secondo semestre dell’anno. Per cui in questo fine 2011 il governo Berlusconi potrebbe trovarsi a dover fronteggiare entrate fiscali in diminuzione o stabili a causa di un Pil che non cresce e spese per interessi crescenti per 3,6 miliardi, come è stato calcolato se lo spread rimarrà  intorno ai 330 punti.
Come si esce da questa situazione? Qualcuno dice con una maggiore solidità  del sistema bancario che così guadagnerebbe uno standing migliore per collocare i propri titoli. Altri propendono per un intervento deciso di taglio del costo del denaro da parte della Bce, come fece la Fed un paio d’anni fa, per dare ossigeno e liquidità  al mercato. Altri ancora sostengono che la crisi dell’euro non può essere gestita da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, entrambi in campagna elettorale. I ritardi sulla Grecia sono sotto gli occhi di tutti ma nessuno, al momento, pare avere ben chiara la visione del percorso virtuoso in grado di interrompere la spirale negativa.
(ha collaborato Rosa Serrano)


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