Ore decisive per il debito Usa

Loading

A che punto è l’economia Usa?

“Il default è semplicemente una questione politica. I repubblicani hanno la maggioranza alla camera e stanno facendo ostruzionismo. Sostanzialmente ritengo che si tratti principalmente del gruppo dei Tea Party, quelli più aggressivi, che hanno messo a tacere i vecchi conservatori abituati alla responsabilità  politica e che avrebbero voluto raggiungere un accordo molto prima e non con questi tempi. Dunque, lo stallo di cui tanto si parla in questi giorni rientra nell’argomento della politica.
Aumenti del tetto del debito di bilancio ci sono stati già  da tempo, praticamente uno ogni anno, e non mi pare che ci siano stati grandi problemi. Adesso lo scopo primario è quello di tagliare. Tagliare il più possibile, anche la spesa sociale. E comunque riportare indietro il ruolo dello Stato nell’economia.

Quindi, nonostante il momento particolare di scontro politico fra democratici e repubblicani, questo accordo si farà  sicuramente? Altrimenti cosa potrà  accadere?
Che trovino l’accordo è una cosa che tutti ci auguriamo. Se non lo trovano ancora una volta dipende dal tetto vogliono mettere le altre istituzioni come la Banca Centrale. O dalla reazione di Obama che per esigenze di salute nazionale potrebbe forzare la legge e prevaricare il parlamento. Se tutto questo non succede ci sono le agenzie, come Moody’s, che minacciano di far scendere il rating Usa dalla tripla A alla B.
In questo caso si aprono altri scenari e potrebbero accadere cose interessanti. Ad esempio i titoli del debito pubblico Usa non potranno più essere utilizzati dalle banche. Non potranno essere usati come collaterale nei prestiti che le banche devono ottenere, semplicemente per la gestione ordinaria della liquidità  dalla Federal Reseve. Un analista ha suggerito che i titoli del debito pubblico Usa entrino come collaterale nel mercato di tutti gli strumenti finanziari, come i futures, i derivati, i conti conto termine. Tutti quei mercati che sono alla base per il finanziamento delle imprese finanziarie, come banche e altre istituzioni. Allora se tutto questo dovesse bloccarsi avvertiremmo una crisi finanziaria molto, molto pesante.

Eventualmente ci sono altre nazioni che potrebbero giocare ruoli importanti in questa crisi da questo punto di vista, faccio riferimento alla potente Cina degli ultimi anni, tanto bistrattata prima, quanto apprezzata oggi…
Dipende. La Cina è stata dapprima disprezzata, adesso invece tutti sperano che Pechino arrivi a fare il cavaliere bianco e salvare Washington. La Cina e il Giappone hanno attualmente il 50 percento dei titoli Usa fuori dai confini nazionali. È una bella cifra davvero. Sia Tokio che Pechino hanno già  fatto sapere, quando la nota agenzia di rating la Standard & Poor’s, ad aprile ha cambiato le lancette da positivo a negativo nella valutazione del debito Usa, c’erano stati già  i primi scossoni, che nessuno avrebbe messo in dubbio il rating del governo Usa. Anche Pechino fu dello stesso parere anche se più con cautela, e sottolineò l’importanza di difendere l’interesse dei risparmiatori. Insomma i due stati tennero in quella circostanza un atteggiamento responsabile e rassicurante, quasi di aiuto. Infatti, possiamo dire che né la Cina né il Giappone, essendo entrambi seduti su una montagna di dollari, non avevano interesse a creare una forte svalutazione della moneta statunitense. Insomma nessuno vuole o ha interesse, nel creare panico. Poi lo sviluppo della situazione potrà  anche portare alla diversificazioni delle riserve di valute e magari potrebbero puntare più sull’euro che sul dollaro.

Quindi l’euro deve sentirsi gli occhi di queste due potenze finanziarie puntati addosso?
Se non ci fosse quest’enorme crisi finanziaria che parte dagli Usa e si estende in tutto il mondo. Supponiamo che ci sia un declassamento dei titoli del debito pubblico Usa, crolla la domanda dei titoli, crolla o ci sono tensioni sul dollaro, i capitali dovono pur andare da qualche parte e allora sì potrebbero anche riversarsi sull’euro.

Quindi un cambio di tendenza della finanza mondiale che nei decenni precedenti era dollarocentrica e oggi potrebbe tramutarsi in eurocentrica?
Sì, ma non dimentichiamo che l’Europa non sta facendo niente per far avere un ruolo di questo tipo all’euro. Certo è che se dovesse presentarsi una grande debolezza del dollaro probabilmente qualche capitale, accompagnato da politiche intelligente fatta da autorità  economiche europee potrebbe servire a incalzare la domanda dei titoli dei paesi periferici. Tutto questo però potrebbe avvenire solo se ci fosse una politica più concorde e ragionevole.

Ma così non si indebolisce troppo la finanza Usa a dispetto di quella europea?
Sì è un altro scenario probabile. Ma pensiamo solo un istante a una cosa: prevale la paura, che si fa? Crolla la fiducia anche nell’ultimo baluardo che sono i titoli del debito Usa, hanno già  fatto crollare la fiducia nei titoli del debito pubblico dei paesi europei e i titoli nel bene o nel male erano considerati come uno strumento di investimento di ultima istanza. Adesso tutti scappano da questi titoli ma sono gli stessi che stanno alla base del rifinanziamento delle banche.

Poi dal 2 agosto, ad accordo fatto, le cose si capiranno meglio…
In ogni caso, se anche raggiungono l’accordo anche prima del 2 agosto prossimo, la cosa interessante da capire riguarderà  la ‘lotta’ politica che inizierà  nel Paese e che la vita per Obama non sarà  certo facile


Related Articles

San Raffaele, stipendi garantiti Il Vaticano studia i primi tagli

Loading

Il cda accelera l’esame dei conti per varare il salvataggio.    Bondi vuole certezze sul bilancio prima del piano industriale  

Draghi: “Nodi irrisolti in Italia crescere del 2% per risanare”

Loading

Il governatore: se non si accelera ci vorranno 5 anni per tornare ai livelli pre-crisi. Usciamo dalla crisi con i nostri problemi strutturali ancora da risolvere. La politica economica deve saper creare le condizioni dello sviluppo

Di lavoro si muore, anche a scuola: studente di 17 anni gravemente ustionato

Loading

Era in stage presso un’officina di Merano. «Avete le mani sporche di sangue» protestano gli studenti che annunciano scioperi e manifestazioni. L’analisi di un sistema che aveva già prodotto le morti di Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment