Bot sotto pressione la Germania guida la fuga degli stranieri

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MILANO – «In un mercato con volumi bassi c’è un continuo sell-off dei titoli dei paesi periferici». Nel commento a caldo dei trader si respira tutta la tensione che sta attraversando i mercati in questi giorni e che ha visto l’Italia e la Spagna le due regioni più colpite dalle vendite. Questo movimento, ieri, è stato sicuramente amplificato dalla decisione della Deutsche Bank, come ha rivelato il Financial Times, di ridurre drasticamente le sue posizioni sui titoli dei paesi periferici da 12 a 3,7 miliardi, e in particolare sull’Italia da 8 a meno di un miliardo. Dati emersi dai risultati del secondo trimestre e che potrebbero riguardare anche altre banche continentali. Non la Bnp Paribas, come fa sapere un portavoce, che in Italia ha una grossa presenza, la seconda dopo la Francia, e dunque continua a mantenere un forte posizione in titoli del debito italiano. «Ciò che sta succedendo – rivela un operatore da Londra – è che le banche si stanno concentrando sui titoli del debito del proprio paese di provenienza, le banche francesi sugli Oat, le tedesche sul Bund e così via».
Il problema è che il debito italiano è il terzo del mondo, pari al 120% del Pil e dunque di spazio per scaricare titoli sul mercato ce n’è in abbondanza. Qualcuno sussurra che Amundi, la società  di gestione di Crédit Agricole e Société Générale, ha venduto in questi giorni titoli italiani e tedeschi concentrandosi su quelli francesi. E c’è chi ha visto invece società  di gestione italiane come Pioneer (Unicredit) ed Eurizon (Intesa Sanpaolo) accodarsi al flusso di vendite sui titoli italiani. Oppure, fatto ancora più grave, si sente dire che una banca del calibro di Royal Bank of Scotland ha chiamato il Tesoro italiano annunciando che non poteva partecipare all’asta dei Bot in programma poche ore dopo. Chissà  se Vittorio Grilli è riuscito a fargli cambiare idea, qualcuno dice di sì. Ma è difficile tamponare la marea. Già , a proposito di aste: anche quella di ieri è stata chiusa con successo, ma la fatica a collocare un miliardo di bond si è fatta sentire sui rendimenti, saliti oltre il 4% per il Btp decennale, e quindi sullo spread con il Bund misurato sul mercato secondario, salito oltre i 300 punti. Oggi altre due aste, cruciali per capire l’umore die mercati, e poi stop per tutto agosto poiché il Tesoro ha fatto sapere di avere sufficiente liquidità  in casa.
Ma il problema di fondo è anche un altro: i politici europei e i mercati si muovono a velocità  diversa. Le misure messe in campo settimana scorsa dai capi di stato e di governo, sono piaciute ma hanno un difetto: per implementarle ci vorranno da tre a sei mesi di tempo. «L’unica misura a favore di Italia e Spagna è la possibilità  del Fesf di comprare titoli sul mercato secondario, ma ciò richiede il via libera dei parlamenti degli altri Stati europei», spiega un altro operatore. Ed ecco perché, ieri mattina, i mercati hanno reagito nervosamente non appena il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble ha aperto bocca per dire che «rifiuta di firmare assegni in bianco per l’acquisto di obbligazioni dei paesi in difficoltà  da parte del fondo di soccorso europeo (Fesf)». Non stupisce, dunque, che alcuni grandi fondi pensione europei, che settimana scorsa erano corsi a comprare Btp e Bonos, ieri sono invece tornati sui loro passi smontando le stesse posizioni. E che vengano venduti a piene mani le azioni delle banche italiane, la miglior proxi possibile se un gestore vuole alleggerire il proprio portafoglio di titoli del Belpaese. Ieri due case internazionali come Nomura e Goldman Sachs hanno consigliato di alleggerire il peso sulle banche italiane. «Fin quando qualche istituzione non compra, nessuno compra», tuona il gestore di un hedge fund in vacanza in Grecia ma attaccato al telefono per seguire i mercati. E poi, in fondo a tutto, la credibilità  del governo italiano, ormai ai minimi, compresa quella del ministro Tremonti, che nelle ultime settimane ha perso il “grip” sulla situazione complessiva.


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