Le spine di Fiat-Chrysler tra Obama e Fabbrica Italia
La cattiva giornata della Borsa non ha certo favorito il recupero del titolo Fiat Spa. Ma più dell’ 8%della quotazione sacrificato in due giorni dopo l’anticipazione della semestrale 2011 a far riflettere è la Fiat Spa che consolida la Chrysler.
L’euforia che aveva accolto la scissione del gruppo storico cede il passo al realismo: promossa Fiat Industrial, con i camion e le macchine agricole, voto sospeso per Fiat Spa, i cui conti sono pesantemente influenzati da partite straordinarie e dall’incertezza su tre partite: Fabbrica Italia; il collocamento in Borsa di Chrysler; il destino della quota Chrysler in mano al sindacato Uaw. Il conto economico di Fiat Spa al 30 giugno 2011 è ancora fragile.
Senza Chrysler, la gestione tipica, informa la nota della società , totalizza un risultato prima degli effetti fiscali di 113 milioni su ricavi per 19,2 miliardi. Posto che Ferrari va bene, Marelli pure, è lecito supporre che Fiat Auto sia poco sopra il pelo dell’acqua, o anche sotto. Si suppone, perché il dato non viene rivelato. Il risultato consolidato, incluso un mese di Chrysler, è pari a 1,2 miliardi su 22,4 fatturati. Sarebbe ottimo se non dipendesse da un provento atipico di 2 miliardi che viene iscritto nella gestione operativa, in omaggio a principi contabili tanto nuovi quanto balzani, benché sia una tantum. Trattasi infatti della valorizzazione del 35%di Chrysler, che Fiat ottiene senza esborsi monetari, sulla base del prezzo del 6%acquistato dal Tesoro Usa per 500 milioni di dollari.
La valorizzazione è teorica e avrà una maggior affidabilità quando sarà Wall Street a fare il prezzo delle azioni Chrysler. Va detto che l’impatto di questa posta è dimezzato dalla svalutazione del magazzino Chrysler e di varie attività Fiat (il che fa pensare alla creazione di una riserva contabile per il futuro). Resta il fatto che la Fiat e la Casa Bianca valutano oggi Chrysler 5,8 miliardi di euro, al netto dei debiti, e a fronte di avviamenti e intangibili per 9,2 miliardi: una cifra enorme, considerando la storia aziendale breve e ancora modesta della nuova Chrysler.
Come ha rilevato ieri il «Sole 24 Ore» , consolidando la figlia americana, la Fiat si trova ad avere un patrimonio netto tangibile negativo per quasi 5 miliardi di euro. Cosa irrilevante nella cultura americana e rilevante in Italia, ancorché la Fiat non sia l’unica con tali squilibri. La Chrysler non è ancora fuori dai guai. Prevede di chiudere il 2011 con un utile tra i 200 e i 500 milioni di dollari, purché non si contino i 551 milioni persi nel rimborsare i governi di Usa e Canada. Questo è un passaggio poco spiegato. Ai governi sono stati rimborsati capitali, interessi e un’additional consideration: sarà questo mezzo miliardo? Ma se era dovuto, perché non si è accantonata anno per anno la cifra? Il gruppo Fiat-Chrysler, si trova ad avere più debiti dei concorrenti migliori.
La comunicazione ufficiale insiste sulla posizione finanziaria netta, ma quando si viene dalle storie della Chrysler, fallita nel 2009, e anche della stessa Fiat, quasi fallita nel 2002, conviene sempre distinguere i debiti da liquidità e poste equivalenti, specialmente se di queste non si trova il dettaglio. Ebbene, i debiti finanziari consolidati sono pari a 26 miliardi di euro. Ma il sistema Fiat ha fuori bilancio altri 14,9 miliardi di debiti: quelli di FGA Capital, la joint-venture paritetica con il Crédit Agricole per il finanziamento dei concessionari e delle vendite. Le altre grandi dell’automobile si tengono questo servizio in casa. Fiat l’ha dovuto condividere per migliorare la sua esposizione finanziaria. Ma i patti con i francesi prevedono che le campagne promozionali gravino su Torino. Non a caso, nel 2010 FGA Capital ha guadagnato 146 milioni, facendo invidia a Fiat Auto, il cui consolidato da qualche anno resta riservato.
Le incertezze.
Il gruppo Fiat ha comprato il diritto a rilevare al prezzo massimo di 4,25 miliardi di dollari più gli interessi annui del 9%il 41%di Chrysler in mano al sindacato. Ma dice di non voler esercitare l’opzione. Perché? Dovrebbe fare altri debiti o dismettere pezzi pregiati, una quota della Ferrari. E poi si troverebbe a dover rispondere di eventuali insolvenze del fondo pensioni della Chrysler, un impegno di 4,5 miliardi di euro. Il collocamento di Chrysler in Borsa, magari attraverso l’emissione di nuove azioni, risolverebbe molti problemi, compreso quest’ultimo. Ma non se ne parla più. Forse perché la Chrysler e la Fiat non danno ancora i risultati industriali della Ford. In questo quadro, il progetto Fabbrica Italia continua ad accumulare imprecisati ritardi dei quali la società attribuisce la responsabilità alla Fiom.
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