Albertini: «Spiegai tutto a Di Pietro. Ma non successe nulla»

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Nel luglio 2005 Penati aveva comprato da Marcellino Gavio, il cui braccio destro, Bruno Binasco, è ora indagato per finanziamento illecito allo stesso Penati (come raccontato nell’articolo sopra), il 15 per cento delle azioni della Milano-Serravalle, garantendo alla Provincia il 53 per cento delle quote. Albertini, a quei tempi sindaco, si era rivolto ai giudici, sottolineando l’inutilità  di questa operazione (la maggioranza era già  pubblica, vincolata dal patto di sindacato Comune-Provincia), per altro molto onerosa: la Provincia aveva pagato 8,973 ogni quota che a Gavio era costata 2,9 euro. Il costruttore aveva così incassato un utile netto di 179 milioni di euro. Poco tempo dopo, era entrato con una quota di 50 milioni nella cordata che avrebbe acquistato Unipol. Inoltre la decisione era stata presa «impropriamente con una delibera di giunta e non di consiglio provinciale» .
 La battaglia di Albertini non è ancora finita: «Ho presentato quattro denunce a quattro magistrature diverse. Quella civile si è già  espressa, dandoci ragione e costringendo la Provincia al pagamento simbolico di 400 mila euro al Comune che ha subito un danno erariale, dal momento che la propria partecipazione in Serravalle ha perduto di valore; quella contabile ha chiesto una proroga dell’indagine motivandola con gli stessi argomenti di presunto danno erariale. Quella penale è stranamente la più silenziosa» .
E l’onorevole Di Pietro? «Avevo avvertito di quanto stava accadendo Francesco Saverio Borrelli, Gerardo D’Ambrosio e Di Pietro perché volevo suggerimenti. Borrelli ha ascoltato ma non ha voluto ricevere documenti, pur apprezzando il mio orientamento legalitario. Così D’Ambrosio, che fu meno parco di consigli perché mi disse che, stando alla mia ricostruzione, si potevano ravvisare gli estremi della truffa aggravata e dell’abuso d’ufficio, suggerendomi di presentare regolare denuncia. Come poi feci» .
Cosa disse Di Pietro? «Volle ricevere tutto il materiale, lo studiò attentamente e dopo due settimane venne nel mio ufficio e ammise che per molto meno da pm aveva trovato elementi sufficienti per incriminare e carcerare. Usò un termine interessante: “Siamo davanti all’ingegnerizzazione della corruzione”, mi disse. Aggiungendo che avrebbe potuto essere ipotizzato l’atto corruttivo perché la vendita era ingiustificata: ma era stata costruita in modo così perfetto che difficilmente si sarebbe potuto dimostrare il reato» .
È certo di quello che dice? «Assolutamente. Gli avevo anche scritto una lettera, di cui conservo copia, dicendomi dispiaciuto del fatto che, pur avendo riconosciuto il fumus mali iuris, non volesse unirsi a me in questa battaglia per la legalità » . — perché dice che la magistratura penale è «stranamente silenziosa» ? «Presentai al magistrato una memoria circostanziata in cui tra l’altro spiegavo che un assessore della mia giunta aveva saputo che l’operazione Serravalle era stata benedetta dai vertici dei Ds. E ci sono intercettazioni che dimostrano che fu Bersani a favorire il dialogo fra Penati e Gavio. Come mai a nessuno dei pm che seguivano la vicenda è venuta neppure la curiosità  di chiamare quel mio assessore per approfondire l’episodio?» .


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