Fiat sale ancora in Chrysler Ora è primo socio al 53%
MILANO — La Fiat arrotonda la partecipazione in Chrysler rilevando la quota del Tesoro Usa e del governo del Canada e si porta al 53,5%nella casa di Detroit. La salita era prevista, almeno per la parte relativa alla partecipazione del 6%in mano all’amministrazione Obama, in seguito all’accordo raggiunto all’inizio di giugno per l’esercizio della «call» .
La novità è l’uscita del Canada. Il governo di Ottawa aveva fatto sapere al Lingotto di essere disponibile a cedere la sua partecipazione, senza fissare però una data, ma la sensazione era che il passaggio sarebbe potuto avvenire molto presto. Anche in concomitanza con la vendita della quota Usa. Come in effetti è avvenuto. Complessivamente l’esborso è stato di 625 milioni di dollari: 500 milioni per il 6%americano e 125 per l’ 1,5%del Canada. «Con la chiusura di oggi, il governo americano esce dal proprio investimento in Chrysler almeno sei anni prima del previsto» ha commentato in una nota il Tesoro Usa, che giudica l’operazione Fiat «un risultato importante e un’ulteriore prova del successo delle azioni dell’amministrazione per assistere l’industria automobilistica americana, che hanno aiutato a salvare milioni di posti di lavoro nella peggiore crisi dalla Grande Depressione» .
Salvati grazie all’intervento del Tesoro Usa e al contributo di Sergio Marchionne) e dei manager del Lingotto, che hanno rimesso in sesto la casa di Detroit in tempo per poter sfruttare la ripresa della domanda sul mercato americano.
Con l’operazione perfezionata ieri, la Fiat ha ufficialmente la maggioranza assoluta della Chrysler. Posizione che le consente di nominare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione. E che rafforza, a questo punto, il piano di Marchionne di creare un team unico di manager per gestire Fiat e Chrysler. Va considerato che la quota del 53,5%della casa di Detroit non è definitiva. Virtualmente Torino potrebbe arrivare fino al 100%. Entro la fine dell’anno, intanto, prenderà gratis un altro 5%.
L’ulteriore ritocco, invece, sarà possibile attraverso l’esercizio dell’opzione sul 46,5%di proprietà del sindacato Veba-Uaw, concessa dal governo Usa che per 75 milioni di dollari l’ha ceduta a Torino. Per il momento l’Unione dei lavoratori non ha fatto alcuna mossa in direzione di un disimpegno. Di certo vuole massimizzare il valore della quota. Dal canto suo Marchionne ha una doppia possibilità , una volta trovato l’accordo con i sindacati: esercitare l’opzione parziale e salire al 70%in Chrysler oppure direttamente al 100%utilizzando per intero la «call» ceduta da Washington. Gli accordi prevedono infatti la possibilità di esercitare l’intera opzione, con il conseguente trasferimento al Lingotto dei relativi benefici economici, oppure sul 40%della quota, esercitabile ogni 6 mesi a partire da metà 2012 in tranche dell’ 8%.
Related Articles
Battaglia Generali, sale Greco
Alle Generali di Trieste finisce l’era Giovanni Perissinotto, al timone dal 2011, e comincia quella di Mario Greco. Sarebbe un avvicendamento normale, se non fosse che accade nella società considerata cassaforte del troppo intrecciato sistema capitalistico italiano, a scapito di un ceo che solo un anno fa gli stessi consiglieri avevano difeso per abbattere Cesare Geronzi.
La Grecia si arrende all’austerity
Privatizzazioni, congelati i contratti, ridotti i dipendenti pubblici
Il no delle opposizioni. Il sindacato boccia i ritocchi
ROMA — No al punto in più di Iva, sì a un’imposta ordinaria sui grandi patrimoni immobiliari. Carica a testa bassa il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che contesta l’idea di fondo di una manovra «inefficace e iniqua»: così, infatti, il governo intende «scaricare il peso del risanamento su molti per tenere al riparo qualcuno…».