L’Europa in stallo sul salvataggio greco

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BRUXELLES — Migliaia di auto gialle, tutte in fila e a passo d’uomo, che bloccano le grandi strade dirette all’aeroporto internazionale e al porto del Pireo: cioè ai due principali «oggetti» delle future campagne di privatizzazioni. Forse nessuna immagine come questa, giunta nelle ultime ore da Atene bloccata per lo sciopero dei taxi, descrive bene la profondità  e la complessità  della crisi economica greca; e dunque del nodo che dopodomani, a Bruxelles, si troveranno ad affrontare i capi di Stato e di governo dell’Eurozona, convocati per il vertice straordinario sulla Grecia e sulla stabilità  dell’euro.
 I tassisti di Atene protestano contro i progetti di liberalizzazione della loro categoria, varati dal governo socialista di George Papandreou, e nel protestare bloccano gli accessi a quei beni pubblici che lo stesso governo vuole — o deve — privatizzare. Ma l’uno e l’altro piano devono andare avanti e non ci sono scorciatoie, avverte Papandreou, o sarà  l’eutanasia di uno Stato già  annaspante per la difficoltà  di finanziare il proprio debito sui mercati. Le stesse parole si sentirà  rivolgere egli stesso a Bruxelles: solo che alla parola «Stato» , o Grecia, molti sostituiscono già  «Eurozona» , o «euro» . O l’altra che tutti hanno sulle labbra, «contagio» . Il vertice dovrebbe bloccare queste minacce, e dare il via libera al nuovo piano di aiuti per Atene di 110-115 miliardi, ma ancora non si sa come. E non c’è accordo.
Vi sono due partiti opposti: la Germania, che chiede alle banche private di pagare la loro parte nel salvataggio della Grecia (cioè di accettare dilazioni nell’incasso dei titoli greci), senza lasciare tutto il peso sui governi e sui contribuenti; e la Banca centrale europea che teme scompensi a catena negli stessi istituti. In mezzo, le agenzie di rating che avvertono: anche un «default selettivo» , un’insolvenza guidata, porterebbe comunque alla dichiarazione di bancarotta. Ieri, poi, ha parlato anche Jean-Claude Trichet, il presidente della Bce: coinvolgere i privati sarebbe già  un default, e dunque «la Bce non potrebbe più accettare i titoli greci come garanzia collaterale per dare fondi alle banche in difficoltà » . Queste ultime, quindi, «avrebbero di nuovo bisogno dell’intervento degli Stati» .
Questo sarà  certo uno degli argomenti più roventi al vertice. Ed è anche, già  ora, al centro delle trattative fra gli sherpa, diplomatici ed esperti economici dei 17 Paesi, che finiranno solo domani notte.
 C’è un unico punto fermo, per ora: la Germania aveva messo il veto a qualunque incontro senza almeno una generica piattaforma di discussione, un abbozzo di compromesso possibile, e siccome l’incontro è stato ufficialmente convocato vuol dire che la piattaforma c’è. Si sa anche quale, più o meno: nuove regole (e più soldi) per l’Efsf, il Fondo salva Stati garantito dai governi, che consentano a quest’ultimo di acquistare sul mercato secondario i titoli greci svalutati. Oppure, di convogliare ad Atene i fondi necessari per farlo, ottenuti con l’emissione di obbligazioni. In questo modo, forse, sia per le banche che per i governi e i contribuenti il peso del salvataggio sarebbe in parte alleviato: un intervento di parziale «disintossicazione finanziaria» , e subito dopo si passerebbe al nuovo piano di aiuti. E se poi i soldi per l’Efsf o per i nuovi aiuti non dovessero bastare — proposta di Berlino — allora si potrebbe pensare a una tassa «pro-Grecia» . Sulle banche.


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