Quattro manager per Fiat-Chrysler

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TORINO – Non bastano le buone stime degli analisti sull’utile del secondo trimestre a risollevare le sorti di Fiat a Piazza Affari. A fine seduta il titolo del Lingotto non si salva dal lunedì nero e lascia per strada oltre il 4%, nonostante la sentenza che sabato ha riconosciuto legittimi gli accordi di Pomigliano.
E dire che le premesse per un’ottima trimestrale ci sono tutte. O almeno così sostiene il consensus di 21 analisti finanziari, che prevede che Fiat spa chiuderà  i conti di aprile-giugno con un utile intorno ai 110 milioni. Ben di più dei 37 milioni con cui il Lingotto aveva chiuso in positivo il bilancio dei primi tre mesi dell’anno. Gli addetti ai lavori credono che la società  del gruppo possa chiudere l’anno con un utile netto attorno ai 570 milioni, circa 270 in più rispetto al target prefissato dal gruppo.
Per capire se si tratta di stime troppo ottimistiche occorre attendere il cda di martedì prossimo, il primo di Fiat in Brasile. Giorno in cui l’ad Sergio Marchionne potrebbe varare la nuova struttura di management dell’azienda. Secondo Automotive news il timoniere starebbe pensando a un manager per ognuna delle quattro aree in cui opera il gruppo (Europa, Nord America, Asia, America Latina). Assieme ai responsabili dei quattro marchi entrerebbero a far parte di un comitato strategico composto da 25 persone che avrebbe il compito di affiancare l’ad. Un team allargato per guidare una realtà  sempre più mondiale, visto che dalla Russia rimbalzano voci su una possibile apertura di uno stabilimento Fiat in Caucaso, sponsorizzato della banca russa Sberbank.
Questioni internazionali, che si intrecciano con le vicende italiane. Ieri è ripreso il dialogo tra Federmeccanica e sindacati su un possibile contratto nazionale dell’auto che rientri nella cornice “confindustriale”. Per il direttore dell’associazione, Roberto Santarelli, «Fiat ha l’esigenza di avere accordi che diano certezze applicative» e dunque una legge sull’efficacia erga omnes dei contratti aziendali «sarebbe la benvenuta, ma le leggi non le facciamo noi». Se ne riparlerà  il 14 settembre, ma ieri, dice il segretario della Uilm Rocco Palombella, «l’incontro si è svolto in un contesto completamente diverso rispetto a un mese fa, grazie all’accordo interconfederale e alla sentenza di Torino».
Le conseguenze del verdetto, però, fanno ancora discutere. Il giudice ha dichiarato legittimi gli accordi di Pomigliano e ha riammesso la Fiom, ma Fiat ha annunciato lo stop agli investimenti fino a quando non avrà  letto le motivazioni della sentenza. Il leader della Cisl Raffaele Bonanni chiede di «non aprire un nuovo tormentone sugli investimenti». Ma la frenata del Lingotto preoccupa molti, soprattutto a Torino. A cominciare dal sindaco, Piero Fassino, che auspica che «Fiat non dia corso al congelamento di Fabbrica Italia» e che «i programmi trovino puntuale realizzazione».
E la Fiom? Oggi presenterà  nuove iniziative. A Mirafiori i suoi delegati distribuiranno una lettera aperta al «caro collega Sergio» per dire a Marchionne «basta con i giochi a rimpiattino perché la Fiat è come il Titanic» e se si rovescia il manager «ha sempre qualche poltrona in qualche cda», mentre ai lavoratori «resta solo la disoccupazione».


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