Tabloid-gate, l’Fbi indaga su Murdoch

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LONDRA – L’assedio al castello di potere di Rupert Murdoch è sempre più serrato, di giorno in giorno la difesa arretra di un passo. L’uomo che faceva paura a tutti, dopo aver rinunciato mercoledì all’offerta per acquisire la tv BSkyB, ieri si è piegato a presentarsi martedì con il figlio James davanti alla commissione parlamentare, per riferire sull’operato di News International, e in un’intervista al suo Wall Street Journal, ha ammesso che sono stati commessi «piccoli errori», anche se rimediabili. Presto Murdoch potrebbe dover comparire anche davanti alle autorità  negli Stati Uniti, dove L’Fbi ha aperto un’inchiesta per accertare se la News Corporation abbia intercettato illegalmente i telefoni di americani vittime degli attacchi dell’11 settembre. Le difficoltà  di Murdoch sono dimostrate anche dai passi fatti dal colosso editoriale per acquistare spazi a pagamento sui quotidiani britannici, anche della concorrenza, in uscita domenica in cui la News Corporation chiederà  scusa. È un tentativo di non perdere del tutto credibilità , proprio mentre Christopher Bancroft, a capo di un trust che nel 2007 controllava il 13 per cento delle azioni del Wall Street Journal, ha fatto “mea culpa”: se avessi saputo allora delle sue pratiche di giornalismo, non gli avrei mai venduto il quotidiano.
Murdoch ha dovuto di nuovo piegare la testa alle richieste dei politici. Nei giorni scorsi, quando la commissione Cultura e Media aveva annunciato la sua convocazione, insieme con il figlio James e Rebekah Brooks, ora amministratore delegato del gruppo editoriale ed ex direttrice di News of the World, perché riferissero sullo scandalo intercettazioni, il magnate australiano aveva fatto sapere che non si sarebbe presentato. Ieri mattina, però, di fronte a una nuova ondata di critiche – «Se hanno senso di responsabilità , dovrebbero venire a spiegarsi davanti alla commissione», ha detto il vicepremier Nick Clegg – quando è arrivata la convocazione ufficiale della commissione, James e Rupert Murdoch hanno capitolato, acconsentendo all’audizione con i deputati.
Continua intanto l’attività  di Scotland Yard, impegnata anche rifarsi una reputazione, dopo le accuse di coinvolgimento nello scandalo. Ieri è stato arrestato Neil Wallis, ex vice di Andy Coulson – l’ex direttore del News of the world poi portavoce del premier Cameron – all’epoca delle intercettazioni. L’arresto di Wallis, il nono, ha scatenato un nuovo polverone su Scotland Yard e sul suo capo, Sir Paul Stephenson, che nel 2009 e 2010 lo aveva assunto come consulente.


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