Alfano e la giostra del rimpasto

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In effetti, tenere su quella sedia che scotta l’inventore del «partito degli onesti» rischia di azzoppare tutto il ricambio post-predellino. Berlusconi, contrariamente a come lo dipingono, per natura è uno che non toccherebbe mai nulla degli assetti esistenti. Figuriamoci un rimpasto di governo con tutto quello che è successo l’ultima volta che l’ha fatto sul serio, nel 2005. Stavolta però la sostituzione del Guardasigilli sarà  inserita sicuramente in una giostra di nomine più ampia. Perché di poltrone da assegnare ce ne sono ancora diverse. Oltre al successore di Mario Draghi a Bankitalia ce ne sono 2 da ministro (Giustizia e politiche Ue), un paio da viceministro (sviluppo e Welfare) e almeno 2 sottosegretari se non di più (Sviluppo e ambiente, ma forse anche Economia). E’ chiaro che la temperatura del finale di legislatura la indicherà  la scelta del nuovo ministro della Giustizia. Sebbene il Cavaliere abbia assicurato a più d’uno di «avere le idee chiarissime» i nomi sul tavolo sono diversi. Di tutto di più: il ciellino Maurizio Lupi, la «vice-Capezzone» Anna Maria Bernini, due «tecnici» come l’ex pm Nordio (autore di un libro a quattro mani con Pisapia sulle «riforme possibili» nella giustizia) e Augusta Iannini,la moglie di Vespa che di fatto è il primo alto dirigente del ministero. Tra i rumor dei giorni scorsi perfino l’arrivo della ministra dell’Istruzione (avvocato a Reggio Calabria) Maria Stella Gelmini (in questo caso Lupi prenderebbe il suo posto a viale Trastevere). Spostamenti che a loro volta preluderebbero ad altri: Cicchitto alla guida del gruppo alla camera traballa. Potrebbe diventare vicepresidente di Montecitorio al posto di Lupi. Ma quella poltrona potrebbe andare anche a Scajola, che fin qui è stato zitto e buono. Senza contare Guido Crosetto, un «mastino» che negli ultimi tempi ha azzannato spesso e volentieri Tremonti. E poi c’è la Lega, che deve trovare un posto a Reguzzoni dopo che sarà  sostituito dal «maronita» Stucchi. Si tratta di spostamenti «politici», sorvoliamo sulle pretese dei «responsabili» che scalpitano per carità  di patria. Contro questi ultimi ormai la concorrenza è feroce, nel mercato del Pdl c’è sempre qualcuno più prezioso di te, come dimostra il ritorno dei tre «finiani» delusi Ronchi, Urso e Scalia.
A volte ritornano
Adesso che il Secolo d’Italia ritorna a sembrare il Popolo d’Italia, adesso che Fini si è cacciato da solo nel limbo delle occasioni perdute, adesso che Berlusconi ha fatto un passo di lato e Angelino promette «sacrifici, successo e primarie» per tutti, adesso è il momento giusto: Urso, Ronchi e Scalia tornano alla casa del padre-padrone e lasciano Futuro e libertà . La premiata ditta «Adolfo, Pippo e Andrea» in questi mesi fuori dal Pdl ha ingoiato dosi industriali di Maalox ma ora può rifarsi. Alla Mirabello «lealista» i tre ex esuli annunciano il ritorno in patria. Per fare nientemeno che il Ppe italiano. Forse non gli ridaranno le poltrone che Fini gli ha fatto perdere ma almeno potranno tornare a Porta a porta. A volte ritornano


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