Comuni e Regioni in rivolta “Ci usano come un bancomat ora blocchiamo il federalismo”

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ROMA – Napolitano firma il decreto e gli enti locali rompono con il governo. Manovra inaccettabile. Iniqua. Irragionevole. Contro la Costituzione. Comuni, Regioni e Province alzano il livello dello scontro. In coro annunciano che il federalismo è morto. E quel che ne rimane sarà  sbriciolato da inedite forme di resistenza. Una rivolta vera e propria. «E’ la pietra tombale sul federalismo, non parteciperemo più al processo di riforma», dicono. Una manovra «inaccettabile, da dottor Stranamore», solidarizza il leader Pd, Bersani, in cui si parla di «miliardi come noccioline» senza rendere «chiaro al Paese cosa sono in concreto».
La rivolta parte dai Comuni che ieri si sfilano da un primo incontro con il governo. L’Anci, l’associazione nazionale che li rappresenta, annuncia l’uscita da tutti i tavoli istituzionali sul federalismo fiscale e il blocco nell’invio dei questionari, da parte dei sindaci, per il calcolo dei fabbisogni standard. Di più. Minaccia di ricorrere alla Corte costituzionale per la violazione dell’articolo 119 della Costituzione e dunque dell’autonomia finanziaria degli enti locali. «Abbiamo saputo della manovra dai giornali. Ma noi non siamo una protesi della Repubblica», va giù duro Graziano Delrio, vicepresidente Anci. «La Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, l’unico tavolo previsto dalla legge sul federalismo per il confronto con il governo, non è mai stata istituita né convocata».
Ora che i numeri sono ufficiali, i Comuni contestano non solo il metodo, i sacrifici al buio, ma anche il merito, ovvero l’entità . I tagli sugli enti locali arrivano a 22 miliardi, «considerando le due manovre Tremonti», quella dell’anno scorso e l’attuale che ne sforbicia 9,6, un quinto del totale. Per i soli Comuni, la scure sarà  di 7 miliardi: 4 miliardi nel 2011 e 2012 (effetto della vecchia manovra) e 3 miliardi nel 2012 e 2013. «Gli investimenti crolleranno per 6 miliardi, il 40-45% in meno l’anno. La spesa per il welfare – asili, sanità , trasporto locale – del 10-15%. In totale, il 40% in meno di risorse. Ci usano come un bancomat e ci mettono le manette, mentre parlano di virtuosità . Solo propaganda».
Nel mirino dei Comuni, anche la sforbiciata del 35% sul fondo di riequilibrio (ridotto a 7 miliardi da 11), ritenuta «illegittima, sono soldi dei Comuni, non dello Stato», incalza Delrio. Poi, l’ulteriore beffa del “salva-cassa”, una norma attesa ma non inserita in manovra, necessaria per salvare gli stipendi (e le ferie) dei dipendenti comunali (è la seconda tranche dei trasferimenti, prevista a giugno). Infine, le pagelline per stabilire le 4 classi di merito in cui dividere i Comuni. «Con tagli di questa portata, quasi tutti i Comuni italiani usciranno dal patto di stabilità . I virtuosi saranno 10 su 8 mila. E poi è una sciocchezza che i Comuni più bravi non saranno toccati dai tagli».
Una guerra a tutto campo. Alla Conferenza unificata, convocata per oggi, è atteso Tremonti. Comuni e Regioni presenteranno al ministro le ricadute della manovra. «Con i tagli i Comuni sono ridotti a nulla», riassume per tutti i sindaci Alemanno. «Così com’è, la manovra comporta la non governabilità  del territorio», dice Vasco Errani, presidente della conferenza delle Regioni, che chiede un incontro urgente con il premier Berlusconi.


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