Marocco, riformare la monarchia per renderla eterna
Mohammed VI ha voluto rispondere così alle pressioni delle proteste di piazza, sull’onda di quelle che hanno scosso tutto il mondo arabo dall’inizio dell’anno. Il punto saliente, come detto, è il ‘ridimensionamento’ del ruolo del monarca, nel quale convivono il potere politico e quello religioso, con il titolo di ‘comandante dei credenti’. Mohammed VI ha concesso maggiori poteri al Primo ministro, maggiori diritti civili alle donne e l’equiparazione del berbero all’arabo come lingue ufficiali.
Poco rispetto alle riforme che servirebbero al Marocco. Quando, nel 1999, Mohammed VI ha preso il potere, in molti scommettevano su questo giovane di belle speranze, educato in Europa e Stati Uniti. Alla fine, rispetto al passato regno del padre, Hassan II, non è cambiato praticamente nulla. L’occupazione militare del Sahara Occidentale, la libertà di stampa soffocata, la violazione dei diritti dei detenuti politici. Tutto è rimasto come prima.
Il referendum è importante, ma Mohammed VI ha comunque chiarito che manterrà un totale controllo sulla sicurezza e la politica estera del Marocco, oltre che sulle questioni religiose.
Le modifiche prevedono che il sovrano scelga il primo ministro dal partito che conquista la maggioranza dei seggi in parlamento, non che possa scegliere chiunque come accaduto sinora. Sarà il primo ministro e non il re a guidare il governo; il premier acquisirà inoltre l’autorità di sciogliere la camera bassa del parlamento. Il primo ministro, sempre secondo le riforme, presiederà il Consiglio di governo, che preparerà le linee guida politiche prima di sottoporle all’esecutivo.
Il parlamento potrà inoltre contare su una maggior supervisione delle questioni legate ai diritti civili, elettorali e di nazionalità . Alle donne sarà poi garantita uguaglianza “civica e sociale” con gli uomini; in precedenza, veniva garantita solo quella politica.
Gli oppositori chiedevano di più, ma l’affluenza al 72,6 per cento degli aventi diritto è un successo per la corona. Gli appelli al boicottaggio di una parte del Movimento 20 febbraio, della sinistra e degli islamisti sono andati – per lo più – inascoltati. Il Movimento 20 febbraio, nato nei giorni della protesta sull’onda dei fatti tunisini ed egiziani, ha subito denunciato questi “ridicoli risultati” e chiamato ad una manifestazione pacifica per domenica. “Il referendum e’ illegale, ed e’ stato macchiato da molte violazioni dei principi democratici. Le autorità hanno approfittato delle condizioni sociali delle persone obbligandole ad andare a votare”, ha dichiarato Najib Chaouki, uno dei portavoce del movimento 20 febbraio.
Il risultato del voto che si e’ svolto sotto la sorveglianza di 136 osservatori della società civile marocchina, e la supervisione del Consiglio nazionale dei diritti umani (Cndh) e’ stato considerato dall’Unione Europea come la risposta legittima alle aspirazioni del popolo. L’Alto rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton, e il commissario all’allargamento Stefan Fuele in una nota congiunta, hanno ribadito come “le riforme costituiscano una risposta significativa alle legittime aspirazioni del popolo marocchino, e siano coerenti con lo status avanzato dal Marocco con l’Ue”. Anche il dipartimento di stato Usa per voce del portavoce Mark Tonner ha espresso soddisfazione per questo voto considerato “un grande passo in avanti, nel processo democratico del Marocco”.
Sarà un test interessante valutare la portata delle prossime iniziative degli oppositori, ma incassando anche la benedizione internazionale Mohammed VI ha mostrato di aver colto nel segno, concedendo tutto sommato poco, ma facendolo con una procedura democratica che lo mette al riparo da critiche e contestazioni. Solo i prossimi mesi diranno se qualcosa, in Marocco, è cambiato.
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