Napolitano, gelo sulla manovra “Testo non arrivato al Quirinale” faro sulla copertura finanziaria
ROMA – Napolitano scende in campo sulla manovra, e affida ad una nota ufficiale una smentita alle indiscrezioni finite sui giornali: «A tutt’oggi il governo non ha trasmesso alla presidenza della Repubblica il testo del decreto legge». A far scattare la precisazione del capo dello Stato le notizie che «danno già da venerdì all’esame del Quirinale il provvedimento varato nella seduta del governo di giovedì scorso, mentre invece nulla è pervenuto dal Consiglio dei ministri». Nessun atto ufficiale inviato, decreto e relative «bollinature» di certificazione contabile apposte dalla Ragioneria dello Stato, ancora fino alla serata di ieri. Ma, dietro la smentita ai giornali, nella nota del Quirinale si legge anche un richiamo a Palazzo Chigi a chiudere subito il balletto delle anticipazioni e soprattutto delle trattative dell’ultimora, che starebbero appunto ritardando la partenza delle carte verso il Colle, chiamato a firmare un provvedimento cruciale per risanare i conti del Paese. E a riscaldare il clima, anche le battutacce di Bossi rivolte al capo dello Stato, che di certo al Colle non hanno apprezzato.
Il Senatur, nella sua guerra contro i rifiuti di Napoli da smaltire anche al nord, se l’è presa infatti anche col capo dello Stato, «ci fa concorrenza sleale, si capisce che vuole mandare via l’immondizia, quella lì è casa sua». Ma è la manovra al centro delle preoccupazioni di Napolitano, che ancora qualche giorno fa da Oxford aveva ammonito a considerare gli interventi per il risanamento una responsabilità per l’oggi ma anche per il domani e a rispettare i vincoli europei. Ieri il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, fiducioso sull’esito del piano di salvataggio della Grecia, ha rassicurato: «Non vedo pericoli di contagio per Italia, Spagna e Belgio».
Finora al Quirinale hanno assistito ad un valzer di annunci più o meno a sorpresa, dalle pensioni al ritorno dei ticket sanitari, tutti a mezzo stampa. Ora aspettano che sul tavolo della presidenza della Repubblica arrivi il testo autentico e definitivo di Tremonti. Tanto più – e sembra il timore di queste ore – che si sarebbe riaperto l’assalto alla diligenza, il pressing finale per cambiare in corsa qui e là il testo, per accontentare gruppi e lobbies insoddisfatti dei tagli. Con il rischio di far saltare un «tappo» che rappresenta forse la preoccupazione principale di Napolitano: la copertura finanziaria del provvedimento, già zoppicante. Il richiamo a trasmettere subito il testo diventa così di fatto un modo per far chiudere i giochi e il «mercato» dei tempi supplementari, dal quale naturalmente il Colle intende tenersi assolutamente fuori. Ed è proprio sulla copertura finanziaria che il capo dello Stato è chiamato ad esercitare il suo controllo di legittimità , prima di dare il via libera al decreto, oltre alla necessità ed urgenza (ma sulla manovra questi requisiti vanno, per così dire, in automatico).
L’intervento del Colle rappresenta, secondo il Pd, una conferma dei sospetti che circolano nell’opposizione: «La manovra economica è un work in progress, in cui piazzare all’ultimo momento norme demagogiche e sbagliate», accusa Francesco Ferrara, responsabile del partito per le questioni climatiche. E quella precisazione del capo dello Stato che annuncia di non aver ancora il testo sul suo tavolo è anche un modo per spiegare che, se il treno manovra non è ancora partito, non dipende certo da lui. Lasciando intuire che sul rigore dei conti non potrà prevalere la corsa agli aggiustamenti e l’annacquamento della manovra, «travestita» magari in un ennesimo decreto-omnibus che tiene di tutto e di più.
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