In questi appartamenti gli uomini imparano a ricominciare da zero

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Tanto più per i figli di genitori separati, che devono imparare a costruire una quotidianità  e una appartenenza nel pendolarismo tra un genitore e l’altro. Perciò é importante che entrambi i genitori possano “fare casa” per i propri figli anche quando non vivono più assieme. Ciò è tuttavia spesso difficile, almeno per uno dei due genitori, di solito per i padri. E vero che da un punto di vista economico sono più frequentemente le madri, in Italia come negli altri paesi, a subire una più o meno drastica riduzione del reddito disponibile a seguito della separazione.
Perché di solito, al momento della separazione, le mogli guadagnavano meno dell’ex marito, o non guadagnavano affatto, essendosi dedicate alla famiglia e a crescere i figli. E nel frattempo non sono certo ringiovanite e tanto meno hanno migliorato le proprie chances sul mercato del lavoro. A ciò si aggiunga che gli assegni per i figli sono spesso molto al di sotto del necessario e talvolta neppure pagati regolarmente dai padri separati. L’impoverimento relativo di donne e bambini dopo una separazione è un fenomeno statisticamente documentato. Tuttavia, quando anche il reddito del marito è modesto, le spese di un nuovo alloggio, unitamente al venir meno delle economia di scala ed anche a quel poco o tanto di lavoro gratuito effettuato dalla (ex)moglie, oltre al dovere di pagare un assegno di mantenimento per i figli, per quanto modesto, possono divenire insostenibili.
In Italia questo rischio è accentuato da un mercato degli affitti molto ridotto e costoso, soprattutto per gli alloggi piccoli. È un problema che riguarda non solo i padri separati, ma anche i giovani che vogliono uscire dalla casa dei genitori, le giovani coppie che vogliono mettere su famiglia, coloro che si muovono per lavoro. Il costo dell’abitazione incide in modo sproporzionato sul reddito. E chi è in affitto, a differenza di chi è proprietario della casa, non gode di nessuna agevolazione, pur trattandosi in maggioranza di persone e famiglie a reddito modesto. Le abitazioni di edilizia popolare coprono solo una frazione minima del bisogno e le liste e i tempi d’attesa sono lunghissimi. Uno sfratto può servire a saltare la coda. Una normale separazione no.
È positivo, quindi, che associazioni e amministrazioni locali abbiano iniziato a offrire soluzioni ponte, transitorie, perché i padri separati che non possono permettersi un affitto di mercato possano “fare casa” per i propri figli mentre si riorganizzano dopo la separazione. È positivo anche che si cominci a guardare ai padri soli come persone con bisogni e difficoltà  specifiche, che non derivano, salvo casi estremi, dalla cattiveria o dall’egoismo di ex mogli sfruttatrici, ma dal fatto che redditi modesti non consentono di sostenere in tutto o in parte le spese (l’affitto, ma anche le bollette di luce, gas, acqua…) per due abitazioni. E in parte anche dal fatto che solo quando si separano molti uomini si accorgono del valore materiale, ma anche di costruzione della quotidianità , del lavoro famigliare svolto dalle ex mogli. Come mostrano molte ricerche italiane e internazionali, sono gli uomini più che le donne a trovarsi anche psicologicamente e organizzativamente sbalestrati dopo una separazione: non solo perché sono loro, se ci sono figli, ad uscire più spesso dalla casa coniugale, ma perché si trovano a essere responsabili della organizzazione della propria quotidianità  fino ad allora ampiamente delegata alla moglie. Consentire loro l’accesso ad una abitazione di cui essere responsabili per sé e per i figli, invece di costringerli a tornare figli nella casa dei genitori o ospiti itineranti da amici, è anche un modo di aiutarli a costruire autonomamente la propria quotidianità .
Purché rimanga, com’è, una soluzione ponte, transitoria, a tempo. Perché le politiche della casa sono un’altra cosa.


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