La pesante eredità della manovra futura
Il testo della manovra economica e del disegno di legge delega sulla riforma fiscale sarà pronto per lunedì quando sarà consegnato al Senato dove andrà in prima lettura: i tecnici ci stanno lavorando sopra per cercare di far quadrare i conti dopo le innumerevoli «manomissioni». Finora non è disponibile neppure uno straccio di tabella che riassuma la cifra complessiva e i dettagli della manovra. Perché tanta fretta nel liquidare il provvedimento che poteva essere discusso in parlamento con calma a partire da settembre?
«La speculazione internazionale ci sta con il fiato sul collo – sostengono molti ministri a cominciare d Berlusconi – e era necessario varare una manovra per non fare la fine della Grecia». Vera la prima parte dell’affermazione, ma non è certamente questa manovra a ridare credibilità all’Italia. La conferma è arrivata ieri dalla minaccia di Standard and Poor’s di dare una ulteriore sforbiciata al rating italiano. E anche sui mercati non è che la manovra abbia impressionato più di tanto: lo dimostra l’aumento dello spread dei Btp rispetto ai Bund tedeschi in un giorno nel quale i mercati hanno preso atto che la Grecia sta cercando di salvarsi, anche «grazie» alle banche tedesche e francesi che hanno accettato di rinnovare i titoli del debito greco in scadenza, allungandone la durata a 30 anni. Il risultato di questa ripresa di fiducia ha prodotto un ridimesionamento dei differenziali di rendimento con i Bund, un po’ in tutti i paesi nell’occhio del ciclone, ma non in Italia.
La fretta nel licenziare la manovra trova il fondamento solo in motivazioni politiche: ottenere il via libera del parlamento entro i primi giorni di agosto. Per farlo Berlusconi e Tremonti hanno già annunciato che ricorreranno al voto di fiducia che sarà posto con maxi emendamenti che accoglieranno alcuni suggerimenti del lavoro parlamentare nelle commissioni. E dalla sua il governo avrà anche la smania dei parlamentari che vorranno «fuggire» da Roma per le vacanze estive. E dopo l’approvazione della manovra, il governo potrà impegnarsi in piena libertà nel togliere le castagne giudiziarie dal fuoco al premier con provvedimenti più o meno ad personam con l’alibi di aver già fatto tutto per stabilizzare l’economia.
In realtà c’è poco da stare tranquilli: la manovra varata giovedì avrà effetti a scoppio ritardato. Ne è consapevole anche Tremonti che nel «monologo» stampa di giovedì ha affermato che chiunque sia al governo dopo le elezioni del 2013 dovrà impegnarsi nel programma di austerità le cui linee sono state tracciate. Il ministro dell’economia ha messo le mani avanti e la manovra approvata lo dimostra: microscopici aggustamenti per il 2011 e il 2012 e stangate per il 2013 e il 2014 quando – si spera – il centro destra non sarà più al governo e i «sacrifici» dovrà vararli (non è la prima volta) il centro sinistra. Come quello dell’innalzamento a 65 anni dell’età di pensione delle donne che Tremonti ha spostato al 2032.
Il peggio è che in questa manovra non ci sono provvedimenti per lo sviluppo, come afferma saggiamente S&P. Secondo alcuni economisti era meglio spingere più a fondo sui tagli della spesa pubblica già da quest’anno, ma destinare i soldi in più agli investimenti e alla crescita. Ma le furbate politiche/elettorali di Tremonti e Berlusconi fanno a pngni con l’efficienza e l’equità
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