Camusso: «La Fiom sbaglia»

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ROMA. Susanna Camusso difende l’accordo su contratti e rappresentanza a spada tratta: la segretaria Cgil non digerisce le accuse che vengono soprattutto da dentro il sindacato – in particolare dalla Fiom – che vedono il testo siglato due giorni fa con Confindustria, Cisl e Uil come un vulnus alla democrazia e al contratto nazionale. Sottolinea, al contrario, Camusso, come sia un documento che «ha evitato la deriva dei contratti nazionali, confermandoli come fonte gerarchicamente primaria rispetto a quelli aziendali», e come sia costruito «tutto a garantire la democrazia nei vari passaggi, implementando il ruolo delle Rsu e dando loro titolarità  contrattuale, e riportando la titolarità  ai lavoratori quando si è in presenza delle sole Rsa». Insomma, l’intesa non dovrebbe dare adito a contestazioni, «la Fiom sbaglia e dice cose false e imprecise», mentre si prospetterebbe – ma le procedure sono ancora tutte da avviare – un voto dei lavoratori sul patto.
Ieri mattina Camusso ha presentato il testo a tutti i segretari generali di categoria, incassando sostanzialmente il no della Fiom che adesso chiede un percorso di verifica democratica che si spinga fino al voto dei lavoratori. Il documento è infatti diviso in due parti, e in particolare quello definito con la Confindustria è ancora allo stato della «sigla»: la segretaria Cgil lo ha cioè vergato, ma per la firma definitiva deve attendere il confronto del Direttivo dell’11 luglio, dove sarà  analizzato dopo un’attenta lettura (fino al 28 giugno, infatti, non c’era un testo scritto su cui il Direttivo aveva potuto discutere, e dunque la segretaria aveva richiesto un mandato sui temi generali). Quanto alla possibilità  che esso venga messo al voto, Camusso ha spiegato che «verrà  chiesto prima a Cisl e Uil, e se loro non vorranno, applicheremo le regole della Cgil che prevedono la consultazione dei nostri iscritti», ma «tempi e modi verranno decisi dal Direttivo dell’11 luglio».
Passando al merito dell’accordo, il nodo più discusso davanti ai giornalisti subito dopo il summit con i segretari generali, è stato il punto 7 del testo, dove si parla delle possibilità  di derogare i contratti nazionali (anche se la parola «deroga» non compare mai): «I contratti collettivi aziendali conclusi con le rappresentanze sindacali operanti in azienda d’intesa con le organizzazioni sindacali territoriali firmatarie del presente accordo interconfederale – recita il testo – al fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi per favorire lo sviluppo economico e occupazionale dell’impresa, possono definire intese modificative con riferimento agli istituti del contratto collettivo nazionale che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro».
Parlando insomma di accordi aziendali, di momenti di crisi o particolari investimenti, di orari e turni modificabili, il pensiero di tutti va subito agli accordi Fiat di Pomigliano, Mirafiori, Bertone: vengono dunque avallati a posteriori? La Cgil accetta le deroghe ai contratti nazionali? La risposta di Susanna Camusso è che «non c’è copertura, con questo accordo, a quello che è stato firmato con la Fiat. Il Lingotto non ne trae beneficio». «Innanzitutto – continua – non è retroattivo», «e poi c’è una differenza fondamentale: quelle erano intese separate, mentre in questo caso l’accordo aziendale avrà  validità  solo se avrà  la maggioranza delle Rsu e se lo siglano tutti i sindacati. Per fare un esempio che capiscono tutti, un accordo come quello Fiat, senza che lo firmi anche la Fiom, non sarebbe valido».
«Le Rsu – dunque – diventano titolari di contrattazione», dato che basta la loro maggioranza per approvare i contratti aziendali, senza dover ricorrere al voto dei lavoratori (e questo è un altro punto che non piace alla Fiom, che vuole sempre un referendum); al contrario, se ci sono solo le Rsa – elette dalle segreterie sindacali e quindi «senza il mandato dei lavoratori» – per validare un accordo servirà  una consultazione di tutti i lavoratori.
«Eravamo senza regole unitarie – prosegue Camusso – e dopo l’accordo del 2009 si è andati suon di contratti separati. Si poteva sostituire il contratto nazionale con uno aziendale. E finché non c’erano regole per la rappresentanza, era possibile andare davanti ai lavoratori solo quando Cgil, Cisl e Uil erano d’accordo. Invece per la prima volta abbiamo sancito un principio importante: se ci sono divergenze tra le organizzazioni, si va alla consultazione dei lavoratori».
Il segretario della Fiom Maurizio Landini chiede adesso «il voto dei lavoratori o almeno degli iscritti». Ma c’è chi ci va giù ancora più duro, Giorgio Cremaschi (anche lui Fiom), che dopo la firma chiede le dimissioni della segretaria generale Cgil. A Cremaschi, Camusso risponde: «Non ho mai usato la categoria del tradimento, l’antidemocratico è lui».


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