Balcani, voglia d’Europa

Loading

Vent’anni fa, il 25 giugno del 1991, le dichiarazioni unilaterali d’indipendenza di Slovenia e Croazia segnarono l’inizio della fine della Jugoslavia a trazione serba guidata dall’allora presidente Slobodan Milosevic. Pochi mesi dopo, le armi hanno cominciato a tuonare e l’hanno fatto fino al 1995. Il sangue di circa 150 mila persone, i processi giudiziari e politici, l’intervento più o meno invasivo di Onu, Nato ed Ue hanno ridisegnato la mappa dei Balcani occidentali.

A distanza di due decenni Bruxelles esercita una potente forza di attrazione: dopo l’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea, anche la Croazia ha raggiunto l’ambita meta e dal 2013 sarà  la ventottesima stella dell’Unione. Macedonia (che deve risolvere la questione del nome e superare le opposizioni di Atene) e Montenegro, sono “in lista d’attesa”; per la Serbia, dopo l’arresto del generale Ratko Mladic – responsabile dell’eccidio di Srebrenica e dell’assedio di Sarajevo – la strada verso l’Europa si è improvvisamente spianata. È solo questione di tempo, ma tutti sanno (anche i croati) che senza l’ingresso della Serbia nell’Unione, i Balcani non raggiungeranno mai la stabilità .

La Bosnia Erzegovina, rimane al palo. Costantemente sull’orlo del fallimento, con uno scarso livello di produzione e una forzata dipendenza dall’importazione, la Bosnia non ha margini di crescita. Il tasso di disoccupazione del 40 per cento è un indice significativo per comprendere lo stato di salute di un paese controllato da un sistema governativo elefantiaco sottoposto al vaglio macchinoso dell’Ufficio dell’alto rappresentante (Ohr). Il presidente dell’entità  serbo-bosnica (Republika Srpska) Milorad Dodik non perde occasione per affermare il diritto dei serbi di Bosnia ad “affrancarsi” dalla convivenza forzata con i musulmani e i croati. Messa temporaneamente da parte l’idea di un referendum per contestare le decisioni dell’Ohr del tutto orientate a un marcato centralismo, Dodik punta tutto sull’autonomia della Republika Srpska, unica soluzione per mantenere in vita e “dare un senso alla Bosnia Erzegovina”.

Secondo quanto affermato da Milorad Dodik in un’intervista al quotidiano Večernje Novosti, è necessaria una differente organizzazione interna: fatte salve l’unità  dell’esercito, la politica monetaria e quella estera, tutte le decisioni dovrebbero essere affidate a livelli più bassi dell’amministrazione. “Tutti i Balcani guardano all’Europa“, ha affermato Dodik, “se la Republika Srpska potesse agire da sola impiegherebbe cinque anni a raggiungere gli standard richiesti da Bruxelles. La Bosnia Erzegovina, così com’è, non ce la farà  nemmeno in trenta anni”.

 


Related Articles

Nigeria, fallisce il blitz degli inglesi muore un italiano ostaggio di Al Qaeda

Loading

Ucciso con un britannico. Cameron a Monti: dovevamo intervenire   Dalla Gran Bretagna il primo ministro: “Ci siamo mossi perché erano in pericolo”

Allargamento della Nato. Sì turco alla Svezia in cambio degli F16 Usa

Loading

Ora manca solo il via libera ungherese. Erdogan esce vincitore, mentre continua a bombardare il Kurdistan siriano. Svezia e Finlandia avevano dichiarato l’ntenzione di aderire ad aprile 2022, come risposta all’aggressione russa all’Ucraina

Messico: in piazza per dire basta alla violenza, all’impunità  e per chiedere giustizia

Loading

“No alla guerra. Siamo stanchi dell’impunità , della corruzione e del sangue. Basta con i sequestri. L’indifferenza è complicità .”

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment