Contratti aziendali, niente scioperi Delegati «nominati» e non più eletti

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«Avviso comune»

Indica semplicemente un accordo tra «parti sociali» (imprese e sindacati)su alcuni princìpi di regolazione di qualsiasi materia sindacale. Nel caso specifico, ma non per quanto riguarda le regole della rappresentanza, il ministro Maurizio Sacconi si è dichiarato pronto a recepire ì’eventuale «avviso comune» in una legge per rendere cogenti norme altrimenti esposte a una certa variabilità  nei fatti.
Esigibilità  dei contratti
E’ la formula più criptica. In realtà  tutti i contratti sono già  esigibili (da entrambe le parti) una volta che siano stati firmati. Accade però che le aziende, specie manifatturiere, nella quotidianità  vadano oltre i termini contrattuali (aumento dei ritmi, velocità  della catena, straordinari comandati in supero, turni, ecc) e anche oltre i limiti della fatica individuale. La stragrande maggioranza degli scioperi sono fermate di autodifesa contro il sovraccarico di lavoro. Sulle orme di Marchionne e del “modello Pomigliano” le imprese vogliono vietare proprio questi scioperi, che contrastano con l’ansia di intensificare a tutti i costi la produzione.
Rappresentanza sindacale
Con gli accordi del ’93 venne in qualche misura disciplinata la presenza delle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie), elette a scrutinio segreto dai lavoratori, ma con il 33% di delegati assegnato preliminarmente a Cgil, Cisl e Uil, individuati come «sindacati maggiormente rappresentativi» in quanto «firmatari di contratti» (in realtà , anche altri sindacati sottoscrivonocontratti a vari livelli). Quell’accordo è stato disdettato pochi giorni fa dalla Uil. Quindi bisognerebbe ora scegliere tra allargamento del diritto di eleggere con proporzionale puro oppure tornare al regime delle Rsa (rappresentanze sindacali aziendali), i cui i delegati vengono «nominati» dai sindacati, non scelti dai lavoratori. Un po’ come i parlamentari con questa «porcata» di legge elettorale. È evidente, infatti, che questo tipo di delegati ricevono una legittimità  «dall’alto» e quindi obbediscono a questi input, non a quelli dei compagni di lavoro. Diventano insomma dei «privilegiati» con un certo potere e qualche giorno di presenza in meno sul lavoro. Il modello delle Rsa, di fatto, espropria ogni lavoratore del diritto di pronunciarsi su accordi che decidono delle sue condizioni di lavoro, salariali, disciplinari, ecc.
«Deroghe contrattuali»
Sono state chieste da Confindustria per «flessibilizzare» la cogenza dei contratti (l’«esigibilità » da parte dei lavoratori, insomma) a seconda delle esigenze di ogni impresa. Una scorciatoia che porta in breve ai…
Contratti aziendali «sostitutivi» dei nazionali
In pratica ogni azienda fa come preferisce. Può chiedere l’applicazione di un accordo aziendale in luogo di quello nazionale. Bisogna sapere che oltre il 90% delle imprese italiane è così piccola da non avere un contratto aziendale, e quasi sempre neppure la presenza ufficiale di un sindacato. E infatti il livello «nazionale» della contrattazione serve a unificare le condizioni di lavoro e salariali là  dove altrimenti varrebbe solo la legge della jungla. Che è poi l’obiettivo non dichiarato di questa tornata di «trattative».


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