L’ira di commercianti e consumatori “Così alzate i prezzi e uccidete i consumi”

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ROMA – Un punto in più per due aliquote su tre: se le indiscrezioni saranno confermate l’aumento dell’Iva ci sarà . Contrariamente a quanto annunciato dal governo qualche giorno fa alla platea di Confcommercio, l’imposta sul valore aggiunto sarà  ritoccata. Lo prevede la bozza di riforma fiscale allo studio dell’esecutivo. Tre paginette appena dove – oltre al rimodulazione dell’ Irpef – alla voce Iva si dice che, ferma restando l’aliquota del 4 per cento, quella del 10 e quella del 20 aumenteranno di un punto.
L’ipotesi, se confermata dal Consiglio dei ministri di giovedì, è destinata ad avere forte impatto e a suscitare molti scontenti. Il fatto di lasciare ferma la prima aliquota, quella del 4 per cento, non placa le polemiche sollevate da negozi e catene distributive. La stessa Confcommercio fa notare che solo il 3 per cento dell’intero gettito Iva proviene dalla prima aliquota, quella fissata oggi al 10 per cento ne determina il 21, quella ora calcolata al 20 ha un impatto sul gettito totale pari al 76 per cento. Ecco quindi perché l’associazione guidata da Carlo Sangalli non rivede le stime e i giudizi formulati solo qualche giorno fa e precisa che «allo scambio meno Irpef più Iva non ci sta». Il passaggio all’11 e al 21 per cento, secondo il centro studi della Confcommercio, condurrà  ad un gettito aggiuntivo «teorico» (perché resta alta l’evasione dell’imposta) di 6,6 miliardi di euro circa e ad una riduzione dei consumi reali dello 0,9, destinato a raggiungere l’1 per cento grazie agli effetti depressivi sul turismo. La manovra, così come si prospetta, non piace quindi né ai negozianti, né ai consumatori. Le Coop calcolano che «l’incremento dell’Iva potrà  pesare per 290 euro di costi addizionali sui consumi della famiglia media». «Dentro i termini interessati all’aumento – specificano – ci sono prodotti come le carni, i biscotti, cereali, ma anche i prodotti farmaceutici, le bollette del gas e dell’elettricità . E’ una mossa perfetta per affossare la già  scarsa propensione al consumo e per peggiorare le condizioni di vita dei ceti meno abbienti». Critica anche Federalimentare, aderente a Confindustria, e Federdistribuzione, l’associazione che raggruppa le principali aziende della distribuzione moderna: «aumentare l’Iva – specifica – vuol dire frenare la crescita in un momento in cui bisognerebbe invece stimolare la domanda interna». Per essere chiari, precisa Federdistribuzione, «carne, salumi e zucchero stanno al 10 per cento, abbigliamento per bambini, prodotti per la casa e la cura della persona al 20». Stessa linea per Rosario Trefiletti che parla a nome di Federconsumatori e Adusbef, associazioni dei consumatori: «E’ una manovra sciagurata – commenta – basti pensare che riguarda anche la vendita della benzina: il prodotto è un formidabile acceleratore per ricadute sia dirette che indirette». I casi, secondo Trefiletti, saranno due: «o aumenterà  l’inflazione o scenderanno i consumi». L’unica stima a favore della ipotesi allo studio arriva dagli artigiani di Mestre, secondo la Cgia: «dal mix di riforma Irpef e Iva si prospettano risparmi medi d’imposta dai 435 ai 573 euro a famiglia» .

 


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