No Tav, battaglia in Val di Susa le ruspe sbaragliano il presidio

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CHIOMONTE (Val di Susa) – Quattro ore di battaglia. I primi movimenti all’alba, quando manca poco alle cinque: nel campo No Tav della Maddalena scatta l’allarme. “Stanno arrivando, stanno arrivando, una colonna è partita da Bardonecchia, aspetta i rinforzi a Ulzio. Saranno qui per le cinque”. Sono arrivati un’ora dopo, ma sono arrivati. Oltre alla colonna da Bardonecchia, impegnata sul fronte dell’autostrada per la Francia, altri mezzi delle forze dell’ordine sono partiti da Torino per impegnare i circa mille a difesa della libera repubblica di Maddalena da Giaglione e dalla strada che porta a Chiomonte, dove erano stati piazzate sei barricate. Alla fine, il bilancio è di una trentina di feriti fra agenti e manifestanti. L’area nei pressi della Maddalena di Chiomonte è stata consegnata dalle autorità  di polizia alla ditta interessata.

I primi movimenti alle sei, quando nel cielo della Valsusa compaiono anche gli elicotteri. Dal tunnel dell’autostrada esce una gru con pinza che inizia a distruggere le barriere dell’autostrada. Dalla montagna si butta in strada a torso nudo Turi Varano, un pacifista storico, che vuole tentare di bloccare il mezzo. Viene subito fermato dalle forze dell’ordine. In contemporanea scattano i blitz in altri due punti dell’area attorno a Chiomonte. Gli agenti vogliono fare in fretta e non dare  ai manifestanti il tempo di riorganizzarsi. 

Piovono fumogeni prima sulla strada dell’Avanà , quella che collega Chiomonte con la Maddalena, e poi sul pianoro del campo base. I manifestanti cercano di opporsi, soprattutto quelli dei centri sociali provano a tirare su le ultime barricate. Parte una sassaiola contro gli uomini che risalgono dall’autostrada e, sull’altro fronte, vengono incendiate balle di fieno. Altra pioggia di lacrimogeni per disperdere la folla. 

Il clima è teso, sull’autostrada carica sui manifestanti, la gente non regge il fumo e per paura di altre cariche inizia a disperdersi su per i monti. Poco dopo le forze dell’ordine occupano il piazzale e ordinano lo sgombero dell’area, posto sotto sequestro. Grazie alla mediazione della Comunità  montana i No Tav scappati nei boschi ottengono un salvacondotto per lasciare il piazzale. “E’ quello che ci aspettavamo – è il commento a caldo del leader del movimento Alberto Perino – ci hanno lanciato addosso migliaia di lacrimogeni. E non è vero che noi abbiamo tirato le pietre. Ma è solo il primo round ed è andato così, il prossimo vedremo”. 

Ora i No Tav stanno trattando modi e tempi in cui devo smontare tutte le strutture del presidio che sarà  il campo permanente per le forze dell’ordine di controllo al cantiere.


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