Tav, ultimatum di Maroni: ora è rischio scontri

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CHIOMONTE – «Alla barricata della diga sono rimasti in tre, servono rinforzi». Gli altoparlati del presidio No-Tav della Maddalena danno le ultime indicazioni. Sono da poco passate le 20. Dopo aver sfornato dalle cucine oltre mille pasti, trasformando il Fort Apache in una mega area pic-nic, iniziano a prepararsi. L’arrivo delle forze dell’ordine all’alba per sgomberare tutti e dare il via al cantiere è dato per certo. Il ministro dell’Interno, il leghista Roberto Maroni, in un’intervista alla “Padania” sostiene che «chi si oppone non riuscirà  a fermare il cantiere dell’alta velocità . Entro il 30 giugno verrà  aperto. Non farlo sarebbe un grave danno per le future generazioni».
Questione di ore. E sarà  battaglia, come nel 2005 a Venaus, quando si tentò per la prima volta di far partire i lavori. Sono passati quasi sei anni, in mezzo un Osservatorio che ha stravolto il progetto convincendo una parte degli scettici. L’ala dura, però, è rimasta: 22 sindaci, la Comunità  montana e tanti cittadini fuori e dentro la Valle di Susa. Alla fiaccolata di ieri sera per le strade di Chiomonte, meno di cento chilometri da Torino, hanno partecipato oltre 2 mila persone. Tutti per dire «no» al primo cantiere della Torino-Lione che si dovrebbe aprire in località  Maddalena, ribattezzata dal movimento No-Tav come la “Libera Repubblica di Maddalena”. Da tutti un invito alla calma: «È un momento di grande tensione – dice il presidente della Comunità  montana della Val di Susa, Sandro Plano – nessuno può permettersi il lusso di perdere la lucidità . Evitiamo atti illegali e violenti». E l’ultimo appello che « invita la politica e le istituzioni a fermarsi e la polizia a non intervenire con la forza» è firmato da quindici intellettuali, tra cui don Ciotti, Valentino Parlato, Maurizio Landini e Carlo Petrini.
«Fare la linea ad alta velocità  Torino-Lione, che vuole l’Europa ma non vuole la Valle, sarebbe un danno enorme», dicono al presidio. E sono pronti a fermarla in ogni modo. Da 33 giorni si prepara la difesa del sito. Dove ha deciso di passare la notte il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero. Il pressing della magistratura, che ha indagato tutti i vertici del movimento, ad iniziare da Alberto Perino, non ha prodotto effetti. La zona è brutta e il rischio di incidenti è alto: una gola tra due versanti di montagna tagliata in due dal viadotto dell’autostrada che porta in Francia. Pronte sulla strada di accesso già  sei barricate, che funzionano come check-point, altre potrebbero spuntare all’ultimo «per rallentare il più possibile l’arrivo delle forze dell’ordine». Si parla di 1.500-2000 uomini tra polizia e carabinieri pronti ad intervenire, alcuni reparti già  schierati al Sestriere. Rafforzata la barriera verso l’autostrada Torino-Bardonecchia per evitare che venga usata dai blindati come scorciatoia per arrivare a pochi metri dalla zona del futuro cantiere. Come nella notte tra il 23 e il 24 maggio, quando le forze dell’ordine e gli operai arrivati per dare il via ai lavori furono presi a sassate.
Ai No-Tav si sono aggiunti anche i centri sociali. E dal Viminale si dicono «preoccupati per le infiltrazioni e per gli arrivi di esponenti dell’antagonismo anche da fuori». Una situazione che potrebbe surriscaldare ancora di più il clima. 
A guardare il piazzale della Maddalena difficile dividere i buoni dai cattivi: la strategia del movimento è una sola, confermata ancora ieri nell’ultima assemblea prima della lunga notte: «Resistere resistere, resistere. Barricata su barricata e con la maggiore determinazione possibile. Se poi devono arrivare arrivino», dice Alberto Perino. La polizia verrà  accolta da un cordone umano e una croce «che mostreremo alle forze del disordine. Ha 21 gemme, come il salmo 21: mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato». 
(ha collaborato
maria chiara giacosa)

 


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