Frattini: “Stop umanitario ai raid in Libia” no della Nato: “Gheddafi si riarmerebbe”

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ROMA – E’ stata una giornata imbarazzante per il ministro degli Esteri Franco Frattini: dopo aver ipotizzato uno stop «umanitario immediato delle ostilità » in Libia, per creare corridoi che aiutino la popolazione sottoposta ai bombardamenti di Gheddafi soprattutto nelle zone di Misurata e delle “Montagne occidentali”, è stato investito dalle reazioni di Francia, Gran Bretagna e della stessa Alleanza atlantica.
«Siamo contrari a un cessate-il-fuoco, servirebbe solo a Gheddafi per riarmarsi», dice seccamente Charles Bouchard, il generale canadese che comanda le operazioni. Con lui il segretario dell’Alleanza, Rasmussen, «dobbiamo continuare la missione, se ci fermassimo aumenterebbero soltanto le vittime civili». E ancora la Francia e Gran Bretagna, che affidano il loro dissenso dalle parole di Frattini a dichiarazioni di loro portavoce. «Siamo contrari a ogni tregua, la coalizione che si è riunita ad Abu Dhabi due settimane fa ha votato all’unanimità  la strategia da adottare: intensificare la pressione su Gheddafi», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Bernard Valero. Simili le parole del rappresentante inglese, solo che a rispondere questa volta è il portavoce di David Cameron.
Prima Frattini, poi i diplomatici della Farnesina quasi in tempo reale sono costretti ad aggiustare il tiro, costruendo una retromarcia, inventandosi che l’Italia «rimane determinata a portare avanti la missione della Nato» anche se tutti sanno che ormai oltre a pezzi del Pdl (fra cui c’è Berlusconi) i contrari o perplessi sulla guerra annoverano l’intero partito della Lega Nord. «Si trattava solo di un’ipotesi di lavoro, tra l’altro riguardava zone del paese che sono interessate agli attacchi di Gheddafi», dice il portavoce della Farnesina Maurizio Massari. Ma la trascrizione delle parole iniziali del ministro lascia in molti un’idea diversa. Quella di una Farnesina che, dopo le ultime proteste della Lega Nord, inizia a vacillare sulla possibilità  politica di continuare a bombardare in Libia.
Una spiegazione di questa “accelerazione” di Frattini non è tanto nelle questioni di politica domestica italiana, quanto in elementi “esterni”. Pochi minuti prima di entrare in Commissione Esteri alla Camera, il ministro aveva letto un rapporto dell’ambasciata d’Italia al Cairo in cui si faceva il punto sulla posizione dei paesi arabi. In Egitto si è tenuta una riunione fra Lega Araba, Unione Africana, Onu ed Unione europea. «Il sentimento tra i governi arabi ed africani è cambiato, c’è meno tolleranza per gli errori della Nato e per la lentezza della campagna militare», dice una fonte diplomatica.
Il problema è che i segnali di un “tutti a casa” si moltiplicano: ieri anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa ne ha lanciato uno. «La partecipazione alle operazioni in Libia la decide la Nato che si è impegnata per tre mesi: ci auguriamo che fra tre mesi il dopo Gheddafi sia già  cosa realizzata, se così non fosse potremmo mettere in discussione i nostri modi di partecipazione». L’ipotesi di disimpegno non potrebbe essere che quella di tornare alla casella iniziale, ovvero offrire le basi, ma ritirarsi dai bombardamenti.


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