L’Onu cambia idea: c’è bisogno di antiproibizionismo

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L’analisi è spietata. Cinquant’anni dopo la Convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze stupefacenti e quarant’anni dopo che Richard Nixon negli Stati Uniti ha dichiarato la “guerra alla droga”, il risultato è che le sostanze stupefacenti sono più diffuse che mai: dal 1998 al 2008 i consumatori di oppiacei nel mondo sono passati da 12,9 a 17,4 milioni con un incremento del 34,5%; i consumatori di cocaina sono passati da 13,4 a 17,0 milioni (+ 27%); i consumatori di cannabis, infine, sono passati da 147,4 a 160,0 milioni (+ 8,5%).
Anche le mafie sono più ricche e potenti che mai. Malgrado non siano mancati successi, per così dire, militari e numerose bande di trafficanti siano state sgominate, la mafia mondiale della droga si è dimostrata un’idra dalle cento teste. Ne taglia una e subito ne spunta un’altra.
Ma l’approccio repressivo non ha determinato solo il fallimento nel contrasto alla diffusione della droga e all’illegalità . Ci sono state, sostiene la commissione, anche altre conseguenze nefaste. La criminalizzazione delle persone che consumano sostanze che creano dipendenza si è trasformato in uno stigma che ha concretamente impedito la prevenzione e la cura di malattie gravi, come l’Aids. Per esempio: nei paesi che hanno un approccio meno repressivo nel trattamento dei consumatori di droga, come la Germania, la Gran Bretagna, la Svizzera, l’Australia l’incidenza della contaminazione l’Hiv tra che si inietta stupefacenti è sempre inferiore al 5%. Mentre risulta superiore al 10% in Francia o Malaysia, e addirittura al 15% in Portogallo e negli Usa, ovvero nei paesi che hanno un approccio più repressivo.
Bisogna cambiare approccio al più presto, sostiene la Commissione che è politica ma che si è avvalsa di gruppi internazionali di esperti. Anche le raccomandazioni sono forti e chiare. Occorre abbandonare l’approccio militare al contrasto della droga. Smettere di criminalizzarne l’uso (non solo dalla cannabis, ma di tutte le droghe). Sia perché questo crea un mercato illegale facilmente preda delle mafie. Sia perché impedisce la cura della tossicodipendenza e di altre malattie.
Occorre favorire gli esperimenti con programmi di assistenza in uso in molti paesi Europei e in Canada. Occorre soprattutto rispettare i diritti umani dei tossicodipendenti, abolendo tutte quelle pratiche – come la detenzione forzata, il lavoro forzato, la coercizione fisica e psichica – che vengono spesso utilizzate come trattamento e che, sostiene la Commissione, devono essere considerate abusive.
Non solo. Occorre assumere lo stesso approccio non repressivo nei confronti degli anelli terminali e più deboli della produzione e della distribuzione della droga, come i contadini, i corrieri e i piccoli venditori.
Insomma, occorre un radicale cambio di paradigma. Passare dal proibizionismo all’antiproibizionismo. La proposta della Global Commission on Drug Policy non poteva essere più radicale. Non sappiamo se verrà  effettivamente recepita dagli stati. Ma, è certo, farà  discutere.


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