Tunisia, condannati Ben Ali e la moglie

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Trentacinque anni di carcere, ammende oltre i 40 milioni di euro: per Zine el Abidine Ben Ali, l’ex uomo forte della Tunisia, e per sua moglie Leila Trabelsi il mondo è cambiato davvero. Lo ha sancito senza esitazioni la sentenza del tribunale di Tunisi, presieduto da Touhami Hafi, che ieri sera ha condannato dittatore e consorte dopo appena poche ore di camera di consiglio. Ed è appena la prima, visto che il procedimento giudiziario riguardava “solo” la scoperta del tesoro di Ben Ali, il ritrovamento nei palazzi presidenziali di ricchezze depredate alla nazione (quasi 30 milioni di euro in valute diverse e gioielli). In mezzo c’erano anche armi e stupefacenti: di questi l’ex dittatore dovrà  rispondere in un altro processo, anche se ha già  detto che si tratta di «una menzogna e un’ignominia», dopo che lui «ha dedicato tutta la vita al Paese».
Ma a contestare le accuse c’è solo un nutrito collegio di avvocati, guidati dal libanese Akram Azouri. Ben Ali e «la parrucchiera», come i tunisini chiamano con disprezzo sua moglie Leila, sono in esilio in Arabia Saudita e difficilmente potranno mai tornare in patria. I processi che riguardano malversazioni e corruzione sono solo una parte: contro Ben Ali ci sono anche altre accuse, per una novantina di procedimenti in totale. C’è anche l’ipotesi di una responsabilità  nell’uccisione di dimostranti durante la “rivoluzione dei gelsomini”. La rivolta tunisina, nata dal suicidio del venditore ambulante Mohamed Bouazizi a Sidi Bousid e poi divampata in tutto il Maghreb, aveva provocato trecento vittime durante i disordini di piazza. Se il tribunale lo riconoscesse responsabile di queste morti, Ben Ali rischierebbe la pena di morte.
Dopo 23 anni di potere assoluto, per il 74enne Ben Ali il risveglio è brusco. Appena dopo la sua fuga verso l’esilio saudita – provocata da false informazioni, dice lui oggi – in Tunisia si era sparsa la voce di una grave malattia e poi della sua morte: secondo molti, era un tentativo di sfuggire ai processi. Poi l’ex tiranno ha concesso una prima intervista, respingendo le accuse di corruzione e chiamando in causa l’intero apparato dello Stato. La sua è la prima condanna a un leader arabo dopo che la “primavera” ha scosso l’intero Maghreb. L’ex raìs egiziano Hosni Mubarak andrà  alla sbarra in agosto.

 


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