Imballaggi. La seconda vita dei materiali

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È il vantaggio realizzato da Conai in undici anni di attività  di riciclo dei contenitori in plastica, vetro, carta, legno, alluminio e acciaio. E intanto anche da noi arriva la prima acqua minerale in Pet riutilizzato, prodotta dal gruppo Sanpellegrino.   
Oltre 9 miliardi di euro di benefici nell’arco di 11 anni, tra il 1999 e il 2010. È il vantaggio ottenuto dal sistema Conai, il consorzio per il recupero degli imballaggi, secondo una ricerca curata da Althesys e presentata durante il convegno “Gli stati generali del riciclo”. Alla cifra si arriva mettendo a confronto spese e ricavi.
Sul fronte delle spese bisogna calcolare il trasporto, il mantenimento della struttura organizzativa, l’aumento dei costi per la raccolta: in tutto 3,3 miliardi. Sul fronte dei benefici vanno conteggiati i minori costi di smaltimento (4,5 miliardi), le emissioni inquinanti evitate (1,3 miliardi), il valore dei materiali immessi sul mercato (1,8 miliardi), l’indotto occupazionale e il miglioramento della logistica (5 miliardi). In tutto 12,6 miliardi in attivo che, sottratti i costi, danno un saldo positivo di 9,3 miliardi.
Il sistema degli imballaggi – anche grazie alla pressione degli ambientalisti che negli anni Ottanta avevano denunciato l’impatto crescente derivante dall’aumento progressivo di questo tipo di rifiuti – ha raggiunto e superato gli obiettivi di legge. Nel 2010 è stato raccolto il 74,9 per cento di quanto era stato immesso sul mercato ed è stato riciclato il 64,6 per cento degli imballaggi in plastica, carta, alluminio, vetro, acciaio e legno.
Tuttavia il quadro complessivo della situazione rifiuti è molto meno positivo di quanto appaia da questi numeri. La raccolta differenziata dovrà  infatti arrivare al 65 per cento per tutti gli urbani entro il 2012 e la quota di riciclo al 50 per cento entro il 2020, mentre oggi siamo attorno al 30 per cento per la raccolta differenziata e al 20 per il riciclo. Come colmare la differenza?
«Il sistema degli imballaggi, che rappresenta circa il 18 per cento del totale dei rifiuti urbani, è ormai vicino al tetto: il nostro contributo ulteriore non potrà  bastare per avvicinarsi sensibilmente agli obiettivi», ricorda il direttore del Conai, Walter Facciotto. «Bisogna quindi pensare allo sviluppo di altri settori, ad esempio gli apparecchi elettronici, i rifiuti ingombranti, i tessili, l’organico».
Ma Danilo Bonato, direttore di Remedia, uno dei consorzi che si occupano dei rifiuti elettrici ed elettronici (Raee), precisa che questo segmento, pur essendo strategico per la velocità  di crescita e per il valore dei materiali trattati, rappresenta solo il 3 – 4 per cento del totale dei rifiuti urbani.
«Il compost di qualità  dà  già  oggi un contributo pari al 7-8 per cento del totale dei rifiuti urbani e con gli impianti progettati e in costruzione arriveremo al 12 per cento entro il 2020», ricorda David Newman, direttore del Consorzio italiano compostatori. «Faremo la nostra parte ma bisogna ricordare che la Gran Bretagna è già  al 34 per cento di riciclo e la Germania al 62 per cento. La strada da percorrere è ancora lunga e il tempo limitato».
Per accelerare il passo sarà  utile insistere sulla seconda parte di un’espressione che finora ha polarizzato l’attenzione sul primo elemento: raccolta e riciclo. Buona parte degli sforzi e delle polemiche si è concentrata sul mezzo e non sul fine, sulla raccolta differenziata e non sul riciclo. Le potenzialità  del settore sono invece molto vaste.
Basta pensare che in dieci anni il Conai ha creato 90mila posti di lavoro all’interno delle 300-400 aziende ex-municipalizzate che fanno la raccolta differenziata e che l’industria del riciclo in alcuni segmenti ha avuto un vero e proprio boom. In prospettiva la crescita potrebbe essere consistente, ma per sostenere i costi bisognerà  spingere sul mercato. E un aiuto consistente potrà  essere offerto dalla norma sul green public procurement che obbliga le amministrazioni pubbliche a una quota del 30 per cento di acquisti verdi.


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