Un miliardo di disabili nel mondo tra barriere e difficoltà
MILANO – Oltre un miliardo di persone vive con qualche forma di disabilità . Questo corrisponde approssimativamente al 15% della popolazione mondiale. Almeno un quinto di costoro, qualcosa come 110-190 milioni di individui è costretto ad affrontare difficoltà “molto significative” nella vita di tutti i giorni. Inoltre, le percentuali di disabilità stanno aumentando, a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento globale delle malattie croniche. Questa la fotografia scattata dal primo Rapporto Mondiale sulla Disabilità , messo a punto da Oms e Banca mondiale. Tecnicamente, è quasi un atto dovuto, dopo la stesura della Convenzione sui Diritti delle persone disabili nel 2006. Considerato però che finora solo 150 tra Paesi ed organizzazioni che si occupano di integrazione regionali hanno firmato la Convenzione e 100 l’hanno ratificata, il Rapporto diventa un ulteriore spinta a migliorare la salute e il benessere di persone con disabilità . Il documento è frutto del lavoro di oltre 370 persone di 74 Nazioni, durato quattro anni. Il quadro che emerge è piuttosto sconfortante. Oggi ancora pochi Paesi hanno studiato soluzioni per rispondere ai bisogni di questi cittadini, mancano servizi sanitari adeguati e riabilitazione mirata. E oltretutto bus e mezzi di trasporto pubblici raramente sono adeguati ai bisogni di questi cittadini, le costruzioni inaccessibili e le tecnologie di comunicazione spesso un costoso miraggio. Risultato? Le persone disabili sperimentano una salute peggiore, un’istruzione inferiore e hanno più alti tassi di povertà rispetto al resto della popolazione. Vediamo più in dettaglio l’analisi del documento, nel riassunto proposto dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità
LA DISABILITà€ COLPISCE IN MODO SPROPORZIONATO – I paesi a reddito più basso hanno una prevalenza più alta di disabilità rispetto a paesi ad alto reddito. La disabilità è più comune fra le donne, le persone anziane, i bambini e gli adulti in condizione di povertà . La metà dei disabili nel mondo non può permettersi cure sanitarie, in confronto ad un terzo di persone di non-disabili. Le persone con disabilità hanno il doppio delle probabilità di trovare competenze inadeguate in chi fa assistenza sanitaria. I disabili sono quattro volte più a rischio di essere maltrattati e quasi tre volte di più che gli siano negato le cure sanitarie.
SCUOLA E DISOCCUPAZIONE – “Buchi” nel completamento dell’istruzione si trovano in tutte le fasce d’età e di condizione sociale, con prevalenza nei Paesi più poveri. Per esempio, la differenza tra la percentuale di bambini disabili e la percentuale di bambini normodotati che frequentano la scuola elementare varia dal 10% in India al 60% in Indonesia. Dati complessivi mostrano che le percentuali di lavoro sono più basse per uomini (53%) e donne disabili (20%), rispetto a uomini (65%) e donne normodotati (30%). Nei Paesi dell’area Ocse, la percentuale di lavoro di persone disabili del 44%, rispetto al 75% dei normodotati. I disabili hanno condizioni di vita pessime - dalla carenza di cibo, alle abitazioni povere e alla mancanza di accesso all’acqua potabile – rispetto alle persone normodotate. A causa dei costi in più da sostenere, come le cure mediche, i presidi sanitari o l’assistenza, a parità di reddito i disabili sono generalmente più poveri rispetto alle persone che non hanno disabilità .
RIABILITAZIONE INADEGUATA – In molti paesi i servizi di riabilitazione sono inadeguati. I dati raccolti in quattro paesi dell’Africa Meridionale mostrano che solo il 26-55% dei disabili ha ricevuto la riabilitazione medica della quale avevano bisogno, mentre appena il 17-37% ha ottenuto i presidi sanitari necessari (sedie a rotelle, protesi, apparecchi acustici). Anche in paesi ad alto reddito, tra il 20% e il 40% dei disabili generalmente non trova riscontro alle proprie necessità nelle attività di tutti i giorni. Negli Stati Uniti dell’America, il 70% degli adulti disabili conta su famiglia ed amici per l’assistenza nelle attività quotidiane. Le barriere della disabilità possono però essere superate.
LE RACCOMANDAZIONI PER I GOVERNI – Promuovere l’ accesso ai servizi principali; investire negli specifici programmi per persone disabili; adottare una strategia nazionale e un piano di azione; migliorare l’ istruzione, l’addestramento e il reclutamento del personale; offrire finanziamenti adeguati; aumentare la conoscenza e la comprensione della disabilità da parte della gente; rafforzare la ricerca e la raccolta di dati; assicurare il coinvolgimento di persone disabili nell’applicazione di politiche e programmi. «La disabilità è parte della condizione umana – nota Margaret Chan, direttore generale Oms - quasi tutti noi sperimentiamo un forma di disabilità temporanea o permanente nell’arco della vita. Dobbiamo fare di più per rompere le barriere che segregano le persone disabili, in molti casi spingendole ai margini della società ». Salutando con soddisfazione il rapporto, il neuroscienziato Stephen Hawking costretto a vivere su una carrozzina per una malattia neuromotoria ha sottolineato che «abbiamo il dovere morale di rimuovere le barriere che ostacolano la partecipazione delle persone disabili, e investire con fondi sufficienti e ricerche per svelare il vasto potenziale» di questi cittadini. Parole che tutti sperano siano tradotte in fatti concreti.
LA PROTESTA IN ITALIA – I tagli “radicali e indiscriminati” alle politiche sociali avranno dal 2012 l’effetto di “privare di ogni assistenza il 20% delle persone con disabilità del nord, il 30% al centro e il 50% al sud: uno “scenario drammatico che penalizza le famiglie, sovraccaricandole e impoverendole ulteriormente”. È la denuncia di Fand e Fish, le due maggiori federazioni rappresentative delle persone con disabilità e dei loro familiari, che parlano di un vero e proprio rischio di “emarginazione” per un alto numero di persone anziane o con disabilità causato principalmente dai tagli al Fondo per le politiche sociali e a quello per la non autosufficienza. Le due federazioni, che annunciano l’adesione alla manifestazione nazionale indetta a Roma il 23 giugno prossimo dal Forum del Terzo Settore e dalle associazioni aderenti alla campagna “I diritti alzano la voce“, rilevano che la diminuzione di impegno che l’Italia ha deciso verso il sociale comporta di fatto lo smantellamento del “pur minimo sistema di protezione” assicurato in precedenza, quando il nostro paese, in rapporto al Pil, “stanziava meno della Polonia ed era al passo con la Bulgaria”. Oggi la situazione è ancora peggiore e “gli effetti si sentiranno inclementi sull’emarginazione, sull’impoverimento, sul rischio di istituzionalizzazione”. I presidenti Giovanni Pagano (Fand) e Pietro Barbieri (Fish) fanno notare che dal prossimo anno il Fondo per le politiche sociali sarà cancellato e nulla arriverà alle Regioni; che il Fondo per la non autosufficienza, già abrogato dal 2011, non verrà ripristinato; che il Fondo per il diritto al lavoro delle persone disabili (L. 68/99) sarà tagliato del 75% e che la riduzione delle risorse sulla scuola sarà causa di rinnovati gravi disagi per gli studenti con disabilità . Inevitabilmente, “i dati statistici pubblicati dall’Istat secondo i quali il 25% della popolazione, in Italia, vive un’esperienza quotidiana di emarginazione tenderanno a modificarsi in peggio”. Situazione alla quale si aggiunge la “implacabile, inefficace, costosa e infarcita di toni stigmatizzanti, crociata contro le presunte false invalidità che maschera, in modo malcelato, la volontà di tagliare le pensioni ai veri invalidi”. Le federazioni parlano di “quotidiane revoche indiscriminate”, con un contenzioso da 400mila cause giacenti all’Inps, che peraltro “non riesce a gestire adeguatamente l’ordinaria amministrazione”, con “i tempi di attesa del riconoscimento dell’handicap e dell’invalidità che si sono ulteriormente allungati”.Fand e Fish domandano dunque i ripristini dei fondi sociali (o almeno l’introduzione normativa di una quota di riserva sul prelievo fiscale di regioni e comuni e sul cosiddetto Fondo perequativo del federalismo fiscale, da destinare alla non autosufficienza), l’emanazione dei Livelli essenziali di assistenza sociale, la garanzia dell’integrazione scolastica, la revisione della normativa in tema di invalidità .
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