Il premier: non sarà  lacrime e sangue entro giugno i tagli e la riforma fiscale

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ROMA – Sotto il pressing della Bce, il governo stringe sul calendario e fissa i tempi della manovra, probabilmente per decreto: 40 miliardi per il biennio 2013-2014 e doppio intervento correttivo da 8 miliardi per il 2011-2012. Contestualmente arriva anche la legge delega per la riforma fiscale, annunciata da Tremonti, con tre aliquote e cinque sole tasse.
«Presenteremo la manovra nei giorni immediatamente successivi alla verifica del 22 giugno» e dopo il Consiglio europeo del 23 e 24 giugno, ha detto Berlusconi. La data più probabile è quella del 28 giugno, anche se non si esclude uno slittamento al 30. «Abbiamo le idee chiare e non siamo preoccupati dell’impatto che potrà  avere sull’opinione pubblica», ha aggiunto il presidente del Consiglio.
Sul fronte del menù di un intervento che si annuncia piuttosto pesante c’è di tutto: dal blocco dei salari del pubblico impiego, ai risparmi sulla sanità  attraverso i costi standard, all’aumento dell’età  pensionabile per le lavoratrici del settore privato. Il ministro della Funzione pubblica annuncia una sua misura: 1,5 miliardi in tre anni dall’ennesima riduzione di auto blu ma nega l’intenzione del governo di procedere ad un nuovo congelamento dei salari pubblici.
Le indicazioni più dettagliate vengono dal cosiddetto rapporto-Giarda, uno dei quattro tavoli tecnici istituiti da Tremonti. Nel mirino, secondo il calcoli della commissione, ci sono 136,1 miliardi. Una cifra-chiave che rappresenta l’intera spesa che l’Azienda-Italia sostiene per beni e servizi, dalle fotocopiatrici, alle auto, agli affitti, alle duplicazioni delle sedi distaccate delle amministrazioni centrali dello Stato, dalle Prefetture, alla stazioni di polizia, agli uffici del Tesoro e della Ragioneria generale dello Stato. In questa ottica un ruolo determinate dovrebbe essere assegnato alla Consip, l’agenzia del Tesoro cui spetta il compito di acquistare, all’asta, i beni per il funzionamento della macchina pubblica.
Sul fronte riforma fiscale emergono intanto maggiori dettagli sui contenuti: oltre alle tre aliquote (delle quali resta incerto il livello degli scaglioni, il costo e i tempi di attuazione), prende corpo l’idea di interventi sulla famiglia. Il progetto non è più quello del quoziente familiare, di origine francese, che tende a ridurre l’imponibile in base al numero di componenti del nucleo e favorisce i redditi alti. Ma avanza l’ipotesi del «fattore familiare»: si tratterebbe di un sistema che introduce dei coefficienti per i carichi familiari (come presenza di figli, anziani e disabili) ma volti ad aumentare la no tax area. Un meccanismo costoso che comunque potrebbe essere contenuto nella delega.
Una proposta viene infine avanzata da Luigi Abete: con l’innalzamento delle aliquote Iva si recupererebbero 40 miliardi che servirebbero ad alleggerire di 13 miliardi le imposte sui redditi più bassi (aliquota minima dal 23 al 20%); recuperare 8 miliardi da destinare a quanti si trovano sotto la soglia del reddito tassabile, e altri 15 per integrare il sussidio di disoccupazione.

 


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