Il partito dei ribelli del Nord nella ragnatela del potere

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La Lega va a Pontida un po’ delusa e confusa. Come non le capitava da tempo. In passato ha attraversato altri passaggi critici. Ha alternato momenti di grande affermazione e di grande difficoltà , senza esitazioni. Guidata da un leader riconosciuto e deciso. Nel successo e nella sofferenza (anche personale). Ventuno anni fa, nei primi anni Novanta, agli albori di Pontida. L’era della Lega antipolitica. Che interpretava una società  scossa da sentimenti antipolitici. La Lega dei piccoli produttori, della neoborghesia del Nord, in rivolta contro Roma e Torino. Contro la Capitale della Repubblica dei Partiti (romani) e contro la Capitale dell’economia fordista, pardon: fiatista. Poi, negli anni successivi, a Pontida si celebrò la Lega di governo. Quella che, dopo aver conquistato Milano, si apprestava a conquistare Roma. Un’avventura breve, conclusa nel momento stesso in cui, effettivamente, vinceva le elezioni, nel 1994. Accanto a Berlusconi. Che la relegò a un ruolo gregario. Lega di provincia. Mentre Lui, Berlusconi, le sottraeva ampi settori di elettorato. Quelli che la usavano – e la useranno in futuro – come un autobus della protesta. Dove salire e scendere, a seconda delle occasioni. Così, nel 1995 e ancor più nel 1996, abbandonato Berlusconi, la Lega, a Pontida, issò la bandiera della “Padania promessa”. Come recita il titolo di un bel saggio di Roberto Biorcio. Si trasformò in soggetto etnico e secessionista. Contro Roma e contro Berlusconi. Ottenne un successo clamoroso. Il più largo di sempre, in termini elettorali. Un’onda impetuosa, come altre nella sua storia. Cui seguì, rapida, la risacca. Perché la Lega “sola contro tutti”, diveniva inutile agli occhi degli elettori tattici, la maggioranza di quelli che l’avevano votata dal 1992 in poi. Così alle Europee del 1999 si ridusse a una f(r)azione politica marginale. Ai margini del sistema e della società . Rientrò presto accanto a Berlusconi. Per riprendere un ruolo. Così ricominciò la sua risalita. Faticosamente. Interpretando nuovi mestieri, nuovi ruoli. Divenne “imprenditore politico della paura”, O meglio: delle paure. La paura delle conseguenze dello sviluppo. Dei cambiamenti che essa stessa aveva annunciato e veicolato, nel Nord. La paura dell’apertura al mondo e, anzitutto, all’Europa. La paura dell’immigrazione. La paura dei cambiamenti profondi prodotti dalle trasformazioni globali. Al tempo stesso, divenne alleata fedele di Berlusconi. Turandosi il naso, lo difese da ogni attacco ai suoi molteplici conflitti di interesse. Da ogni minaccia giudiziaria. In cambio, ottenne uno spazio crescente nell’alleanza e nel governo. Dove sta da 10 anni, ormai, visto che il centrodestra governa dal 2001 (con la breve pausa dell’esperienza burrascosa del governo Prodi). La Lega, dopo l’annessione di An nel Pdl, accanto a Forza Italia. Dopo l’espulsione dell’Udc dalla coalizione. Diventa, ancora, Lega di governo. L’unica forza politica accettata da Berlusconi. Ma, diversamente dai primi anni Novanta, senza presentarsi come soggetto rivoluzionario e secessionista. Si trasforma nel Sindacato del Nord. È la Lega Federalista che rivendica l’autonomia delle regioni dove è radicata. Ma continua a usare un linguaggio di opposizione. Assecondando la vocazione e lo spirito dei suoi elettori. Amplificando l’insoddisfazione delle aree dove è radicata. Dei piccoli imprenditori, dei lavoratori autonomi, della provincia produttiva del Nord. Dove la crisi economica e finanziaria fa sentire, in modo pesante, i suoi effetti. Così , negli anni 2000, Pontida diventa il luogo dove la Lega di governo evoca e rilancia la sua vocazione all’ossimoro. È Lega di opposizione “nel” governo. Che fa opposizione e governa al tempo stesso. Soprattutto negli ultimi tre anni, dopo il 2008. Quando torna al successo elettorale. Risale all’8% e, in seguito, al 10%. Si insedia nei governi locali del Nord. E rafforza il suo peso nel governo “romano”. Allarga rapidamente la sua presenza negli enti e negli organismi pubblici e finanziari. A livello nazionale e locale. È il soggetto forte della maggioranza, dove il partito maggiore, il Pdl, è sempre più debole e diviso. Sempre più meridionale. Dove il capo del governo e della maggioranza, Silvio Berlusconi, è sempre più in difficoltà . Alle prese con le sue ombre, inseguito dai giudici e dai conflitti di interesse. Sempre meno credibile a livello internazionale. Sempre più in-credibile di fronte all’opinione pubblica.
Così questa volta la Lega si avvia a Pontida, per la prima volta, in modo incerto. Non può più fare lì opposizione nella maggioranza. È rimasta l’unico puntello della maggioranza. Come potrebbe fingere di stare all’opposizione? E come potrebbe spiegarlo agli elettori del Nord, dove è soggetto – e burocrazia – di governo in molti, moltissimi contesti? È confusa e delusa, la Lega. Dopo le sconfitte elettorali alle amministrative, subite nei suoi tradizionali luoghi di forza. Dopo l’esito del referendum. Che ha colpito anche la Lega. Il suo leader, Umberto Bossi, aveva annunciato che non avrebbe votato. La maggioranza degli elettori del Nord e molti leghisti non l’hanno ascoltato. È una Lega confusa e delusa. E dubbiosa. Senza Berlusconi: rischia la marginalità . Accanto a Berlusconi: l’impopolarità . Senza Bossi: perderebbe l’identità . Con Bossi: ha perduto le elezioni e il referendum. A Pontida: non le sarà  facile riprendere il cammino. Indicare una direzione. Chiara.

 


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