Reddito o lavoro nelle tesi di Ferrajoli

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Si sono perse di vista le questioni connesse alla libertà  nel e dal lavoro, poiché – si è detto – «il lavoro non crea più identità ». Invece è dal lavoro che bisogna ripartire, come si è fatto con lo sciopero generale, che ha unito i lavoratori dipendenti con i nuovi lavoratori autonomi, in larga misura legati alla Rete e alla globalizzazione.
Questi soggetti fanno un lavoro di alto contenuto cognitivo e quindi di soddisfazione, ma per guadagnarselo devono lottare in una ragnatela di relazioni fortemente competitive. È un mondo di persone a cui manca l’esperienza fondativa del lavorare insieme nello stesso spazio fisico; dove dominano individualismo e lontananza dalla politica. Non sono «né di destra, né di sinistra» e questo vale per il movimento di Beppe Grillo in Italia come per i «verdi» in Francia e in Germania.
Li accomuna, tuttavia, una complessità  di problemi, dal riconoscimento delle loro capacità  e del valore del loro lavoro al bisogno di un welfare a misura di cittadino (reddito nella discontinuità  occupazionale, formazione continua, adeguate pensioni, servizi sociali essenziali). Il «reddito incondizionato», a prescindere dai suoi costi, dalla reperibilità  dei fondi necessari e dai suoi effetti di «esclusione risarcita» dal mercato del lavoro (che paradossalmente sosterrebbe e aumenterebbe l’area dei «neet», i due milioni di giovani senza lavoro e senza studio), non intercetta in nulla i reali bisogni di questi giovani, che operano tanto nel lavoro dipendente (vale per i «net-worker» come per i precari) quanto nel nuovo terziario (i «free-lance»), che sono bisogni di stabilità , di senso, di collaborazione, in una dimensione sociale e produttiva aperta all’innovazione e al futuro.
È da questa considerazione che bisogna partire per farli uscire dalla cultura del ceto medio produttivo, dall’individualismo e dall’anti-politica. Nelle recenti elezioni amministrative, a Milano e nella campagna referendaria, questi «nuovi» lavoratori, dipendenti o autonomi, stabili o precari, sono stati protagonisti del cambio di stagione politica. Per dare loro organizzazione e unità  – e su questo ha ragione Luigi Ferrajoli – non solo i partiti, ma anche il sindacato deve cambiare, fare dell’unificazione del diritto del lavoro il punto centrale della sua iniziativa e per questo con decisione vovrà  darsi una prospettiva europea.


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