Referendum, alle urne un leghista su due. E i delusi pdl portano gli indecisi al 50%

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Alcuni — grossomodo un italiano su sei — hanno deciso di andare a votare solo all’ultimo momento. Ma la maggior parte dei votanti era già  orientata a partecipare da un mese o più, ancora prima che la campagna elettorale entrasse nel vivo. È un altro segnale della particolare attenzione che i cittadini hanno avuto verso questa consultazione referendaria. Il ruolo delle donne Il fatto che, tra domenica e lunedì, si siano recati alle urne oltre ventiquattro milioni di persone, pari al 57 per cento dell’intero corpo elettorale del nostro Paese — con una particolare accentuazione tra le donne — e che, dopo molti anni, si sia raggiunto il quorum per la validità  di un referendum, mostra come, dopotutto, permanga negli italiani un diffuso interesse verso la politica, specie nel momento in cui essa propone dei temi concreti— ancorché spesso difficili da comprendere appieno — su cui pronunciarsi. Insomma, la nota (e crescente) disaffezione verso i partiti politici non comporta un analogo distacco dalla politica in quanto tale e, anzi, stimola gli elettori, quando vengono chiamati alle urne, ad esprimersi. La partecipazione, che da sempre ha connotato la cultura politica del nostro Paese, rimane una caratteristica del nostro elettorato. Bocciature Il significato politico del voto è già  stato sottolineato in varie sedi: l’esistenza di una grandissima prevalenza di bocciature delle proposte del governo e il fatto che queste ultime costituiscano, come ha sottolineato D’Alimonte, la maggioranza assoluta anche degli aventi diritto al voto (e non solo dei voti validi) conferma l’esistenza di un esteso movimento contro l’esecutivo. Si tratta di un fenomeno che però non coinvolge soltanto gli elettori del centrosinistra, ma è arrivato a toccare segmenti significativi dello stesso elettorato attuale dei partiti di governo. Le prime analisi scientifiche confermano come tanti cittadini, che pure dichiarano oggi nei sondaggi di avere l’intenzione, in caso di elezioni politiche, di votare ancora per i partiti di centrodestra, si sono recati alle urne in occasione dei referendum e, per buona parte, hanno votato sì, contro le indicazioni delle stesse forze politiche per cui parteggiano. In particolare, secondo le dichiarazioni rilasciate nei sondaggi, ha votato più del 20 per cento dell’elettorato potenziale odierno del Pdl e addirittura il 50 per cento di quello della Lega. Costoro hanno voluto segnalare in questo modo la propria delusione e, in certi casi, il proprio dissenso rispetto alle scelte — o, meglio, all’assenza di scelte— percepita (sia pure con alcune eccezioni relative a taluni provvedimenti) nell’attività  di governo in questi ultimi anni. Mutamento Ma c’è un altro elemento interessante che emerge dalle ricerche: il fatto che l’esito del referendum sembra avere subito stimolato un mutamento nelle intenzioni di voto: si registra infatti un passaggio significativo dai votanti potenziali per il Pdl agli indecisi, che toccano oggi il 50 per cento e tra i quali, ciononostante, ben il 59 per cento si è recato alle urne. Non sappiamo, naturalmente, se questi flussi costituiscano una reazione momentanea o un fenomeno destinato a proseguire: sta di fatto che anche questo dato mostra come la motivazione principale delle scelte dei cittadini in occasione del referendum sia stata l’atteggiamento critico verso il governo. Certo, ha contato anche il merito dei quesiti, specie quello relativo al nucleare. E, ancora, hanno avuto largo rilievo le modalità  di diffusione delle ragioni del sì. Come è stato già  sottolineato, l’esistenza della piazza virtuale rappresentata da Internet ha contribuito non poco a diffondere e a rafforzare le motivazioni del sì, mobilitando molti indecisi e tentati dall’astensione. Sul web, l’argomentazione delle considerazioni avverse alle proposte del governo è stata ampia, efficace e, soprattutto, praticamente senza contraddittorio: sono stati rarissimi e assai sporadici infatti, in quella sede, le obiezioni e i contributi tendenti a suggerire il no o l’astensione. Le forze di centrodestra non hanno saputo (o voluto) utilizzare il contesto in cui oggi, sempre di più, si formano le opinioni di molti cittadini: il web 2.0. Ma la spinta principale a portare al voto è stata certamente, come si è detto, l’atteggiamento antigovernativo e, specialmente, antiberlusconiano. L’avversità  crescente verso il Cavaliere costituisce un trend in corso già  da diversi mesi: non a caso, oggi il livello di popolarità  del presidente del Consiglio — e del governo stesso nel suo insieme— ha toccato i livelli più bassi da molto tempo a questa parte. Le recenti amministrative hanno costituito un primo momento in cui questo clima di opinione si è concretizzato nelle scelte dei cittadini nell’urna. L’esito dei referendum conferma questo trend e ne costituisce l’espressione.


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