Sempre più disabili fra gli alunni stranieri. Sono 15 mila: per loro problemi doppi

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ROMA – Fra i sempre più bambini stranieri che affollano i banchi delle scuole italiane, quelli che hanno una qualche forma di disabilità  crescono a ritmo molto alto: fra primaria e secondaria si tratta di circa 15 mila alunni su un totale di oltre 500 mila stranieri presenti in classe, ma il numero cresce con percentuali molto alte. Lo sottolinea, elaborando dati del ministero dell’Istruzione, il rapporto “Gli alunni con disabilità  nella scuola italiana: bilancio e proposte” curato da Associazione Treellle, Caritas Italiana e Fondazione Giovanni Agnelli.

Le cifre – I dati dell’ultimo anno disponibile (2009/10) segnalano che, mentre il complesso degli alunni stranieri è cresciuto del 7% circa rispetto all’anno precedente (passando da 500 mila a circa 540 mila), il numero di alunni stranieri con disabilità  certificate è aumentato a un ritmo molto più intenso, prossimo al 20%, passando da circa 12.300 alunni a circa 14.500. Complessivamente gli alunni con cittadinanza non italiana che presentano una disabilità  certificata (visiva, uditiva o psicofisica) sono pari al 2,7% degli alunni stranieri e ad oltre il 7% di tutti gli alunni disabili. Gli alunni stranieri con disabilità  sono accolti per oltre il 93% nelle scuole statali di ogni ordine e grado e per il 7% in quelle non statali. Come detto, in ogni ordine di scuola, gli alunni stranieri disabili aumentano ad una velocità  maggiore rispetto alla crescita, comunque significativa, del totale degli alunni stranieri: fra il 2008/09 e il 2009/10, ad esempio, nella primaria gli stranieri totali sono cresciuti del 4% (da 234 a 244 mila), mentre i soli disabili stranieri sono aumentati del 15% (da 6421 a 7408). Nella secondaria di primo grado l’aumento degli stranieri è del 7% (da 140 a 150mila), quello dei soli stranieri disabili del 18% (da 4343 a 5143). Nella secondaria di secondo grado, crescono del 10% gli stranieri (da 130 a 143 mila) e del 23% i soli alunni stranieri disabili (da 1575 a 1933). Nelle scuole primarie e secondarie di primo grado l’incidenza di alunni disabili tra gli stranieri – rispettivamente pari al 3% e al 3,4% – è già  oggi più elevata rispetto all’incidenza media sull’intera popolazione scolastica; nella secondaria di 2° grado, nonostante il balzo in avanti dell’ultimo anno, l’incidenza della disabilità  tra gli stranieri è pari all’1,3%, dunque sotto la media italiana per quell’ordine.

I problemi – Le cifre, secondo il rapporto, rivelano “la diffusione di una doppia sfida educativa, perché ai bisogni propri degli alunni non nazionali (scarsa padronanza della lingua italiana, difficoltà  di interpretare le regole del gioco della scuola, fragilità  del sistema di relazioni, ecc.) si intrecciano le specifiche necessità  connesse alle diverse tipologie di disabilità ”. Il rapporto segnala infatti che gli alunni stranieri con disabilità  sono a particolare rischio di abbandono e dispersione e rileva “la fatica degli insegnanti, di sostegno e curricolari, a rapportarsi con le famiglie di provenienza, a causa sia della scarsa preparazione generale sui temi della didattica interculturale sia della limitata conoscenza delle diverse rappresentazioni sociali della disabilità  nelle diverse culture di provenienza degli immigrati”. Gli operatori scolastici “non sempre sono in grado di distinguere tra effettive manifestazioni di disabilità  e presenza di difficoltà  di apprendimento legate invece a differenze linguistico-culturali”.

Secondo indagini locali e testimonianze di operatori del settore fra i problemi da segnalare vi è il fatto che molte famiglie straniere si spostano nel territorio italiano e inseriscono i loro figli a scuola durante l’anno scolastico, con difficoltà  conseguenti nel programmare un adeguato inserimento a scuola, che le famiglie straniere (che più spesso abitano in zone periferiche, fatiscenti, lontane dalle scuole e malamente servite dai mezzi pubblici) riescono meno delle altre ad accompagnare i propri figli a scuola, che la condizione di irregolarità  amministrativa di alcuni genitori può determinare un sottoutilizzo delle risorse scolastiche, poiché vi è il concreto timore di essere denunciati. Ma contano anche altri due fattori: anzitutto la prassi di alcune nazionalità  di inviare il neonato o il figlio piccolo nel paese di origine, per farlo ritornare in età  più avanzata, con un’interruzione della presenza in Italia che rende più difficile una presa in carico continuativa e comporta difficoltà  anche in sede di certificazione della disabilità  e di accesso ai servizi di neuropsichiatria; e poi le diverse forme di rappresentazione culturale della disabilità  diffuse a seconda dei paesi di provenienza. Il rapporto segnala che “non è raro imbattersi in diffusi sensi di colpa per la condizione del proprio figlio, oppure in un certo grado di fatalismo sull’utilità  di avviare un percorso scolastico”, anche se vi sono al contrario anche “molti genitori stranieri con figli con disabilità  che dichiarano di aver scelto di abitare in Italia, anche se con molteplici difficoltà , in quanto informati del fatto che nel nostro paese sono garantiti un sostegno e un accompagnamento ai piccoli con disabilità ”. (ska)

 

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