«Ha vinto la società  civile che si è ripresa la politica»

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ROMA – «Dalle tre di oggi pomeriggio l’Italia è cambiata». Chissà  se è davvero così. Di certo alla Bocca della verità , dove i comitati referendari contro il nucleare e per l’acqua pubblica si sono dati appuntamento per aspettare i risultati delle urne, si respira l’aria dei momenti importanti. Che poi questo duri o meno, è tutto da vedere. Pochi minuti dopo le 15 arriva l’annuncio tanto atteso. L’affluenza alle urne ha superato il 57%, percentuale più che sufficiente per archiviare anche lo spettro del voto degli italiani all’estero. Scattano le urla di gioia, gli abbracci tra persone che per più di un anno hanno lavorato perché il risultato raggiunto ieri fosse possibile. E spesso lo hanno fatto in solitudine, senza l’appoggio dei partiti che, con l’eccezione dell’IdV, si sono fatti avanti quando il traguardo era ormai in vista.
Ma non è tempo per le recriminazioni. Con i festeggiamenti si analizzano anche i motivi della vittoria. Tutti concordano su un punto: il successo di ieri non è certo nato dal nulla. «Ha vinto la democrazia, ma anche una pratica che parte da lontano, da Genova 2001, è un nuovo modo di fare politica che mette insieme pezzi diversi delle società  da Alex Zanotelli ai centri sociali», spiega ad esempio Ciro Pesacane, del Forum ambientalista. Una tesi che trova d’accordo anche la presidente dell’Arci nazionale, Raffaella Bonini. «Sono i piccoli che fanno la storia», dice mentre in piazza si festeggia una vittoria tutt’altro che scontata. «Ha prevalso l’idea che con l’unità  si vince ma solo se le alleanze sono basate su contenuti chiari, capaci di mettere assieme i bisogni delle persone. E’ la società  che fa politica».
Eccolo il tema che torna sempre più spesso: il ruolo dei partiti, e della sinistra in particolare, dei quali si mette in discussione non solo la centralità , ma anche la capacità  di interpretare i messaggi che arrivano dal basso. Marco Bersani e Corrado Oddi sono tra gli animatori del comitato per l’acqua pubblica e non hanno dubbi: la loro bocciatura nei confronti dei partiti è netta: «Non hanno capito che è in corso un sommovimento sociale enorme, partito con l’autunno degli studenti, proseguito con la manifestazione delle donne a febbraio, con quella nostra del 26 marzo e con lo sciopero della Cgil. Ma si chiude anche il ciclo sociale e culturale del berlusconismo e Pd e Idv non lo capiscono perché non hanno antenne nella società ».
«I diritti di tutti valgono più dei privilegi dei pochi», dice Giuseppe De Marzo, del comitato contro il nucleare, mentre Paolo Ferrero, in piazza insieme a Paolo Cento di Sel, ricorda come a essere bocciate «sono state le politiche neoliberiste messe in atto sia del centrodestra che dal centrosinistra». Ma la domanda principale è: come si fa a capitalizzare il risultato raggiunto? I movimenti, è la risposta generale, devono restare al centro della scena. «Fin da subito – spiega Bersani – va discussa la nostra legge di iniziativa popolare per l’acqua pubblica. E’ il primo passo, poi vanno riviste le tariffe dell’acqua». «Bisogna far marcia indietro sulle privatizzazioni già  fatte – conclude Pesacane – e riacquistare il capitale sociale delle aziende vendute. Basta un miliardo di euro per rendere di nuovo pubblica tutta l’acqua». In piazza si discute del futuro e di come fare
per non sprecare il risultato raggiunto con la vittoria ai referendum


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