Mutui, si alza il tetto per la rinegoziazione
ROMA – Più respiro per chi ha contratto un mutuo a tasso variabile e meno pressione sui contribuenti che devono saldare i conti con il fisco. Sono queste le novità del decreto sviluppo che tuttavia giace in una situazione di stallo presso la commissione Bilancio della Camera. Dopo una giornata di attesa l’inizio delle votazioni era stato fissato per la serata di ieri ma alla prima votazione si è verificata una situazione di pareggio tra maggioranza e opposizione. E’ possibile che a questo punto, se il blocco dovesse continuare, la Commissione resti paralizzata e si aprirebbe così la strada al passaggio del provvedimento in aula fin da domani e a un eventuale maxiemedamento del governo con annessa fiducia. «La maggioranza è bloccata. E’ un risultato che politicamente non è irrilevante», ha dichiarato Pier Paolo Baretta, capogruppo del Pd in commissione Bilancio.
Intanto nuovi emendamenti di maggioranza, che potrebbero essere ripresentati all’esame dell’assemblea, prevedono un allargamento delle maglie per la rinegoziazione dei mutui stipulati per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa. Un emendamento dei relatori al decreto sviluppo, che ieri sera ha cominciato ad essere votato presso la Commissione Bilancio della Camera in vista dell’esame in aula previsto per domani, prevede la possibilità di rinegoziazione per importi fino a 200 mila euro, a condizione che l’intestatario abbia un reddito Isee (l’indicatore della situazione economica equivalente) sotto i 35 mila euro. La versione attuale del decreto fissa invece a 150 mila euro la cifra ammessa alla rinegoziazione, che è possibile se l’intestatario ha un reddito Isee fino a 30 mila euro.
Prende corpo anche il pacchetto di modifiche all’attuale sistema di riscossione delle imposte evase da parte dell’erario, a base di ganasce fiscali ed ipoteche. Gli interventi, annunciati dallo stesso ministro dell’Economia Tremonti, dopo le proteste dei contribuenti stanno arrivando sotto forma di emendamenti dei relatori di maggioranza.
Una delle nuove norme prevede che non potranno più essere poste ipoteche sugli immobili, o praticati espropri, per debiti fiscali inferiori ai 20 mila euro. Sale infatti da 8 a 20 mila euro il tetto al di sotto del quale il fisco non può iscrivere l’ipoteca su beni immobili e né può procedere a espropriazione. Una misura che varrà solo nei casi in cui il giudizio è pendente o l’iscrizione a ruolo è ancora contestabile, in tutti gli altri casi il limite resta di 8mila euro.
Infine sul tavolo si accumulano altre proposte di modifica. Fra gli emendamenti presentati, quello che prevede che tutti i pagamenti fra i privati debbano essere perfezionati entro 60 giorni, è stato dichiarato inammissibile. La norma, come ha spiegato il relatore Maurizio Fugatti (Lega), puntava a tutelare le piccole imprese e rispondeva ad una indicazione europea. Mentre un’altra novità arriva sul Sistri (il sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti): la proroga prevista al 1° giugno 2012 varrà solo per le imprese con meno di 10 dipendenti.
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Sarà , dunque, un disegno di legge accompagnato dalla formula cautelativa “salvo intese”. La prima scelta è saggia perché la via del decreto avrebbe contraddetto l’impostazione istituzionale illustrata dallo stesso Mario Monti, secondo cui il governo dialoga sì con le parti sociali ma senza riconoscere loro poteri di veto che spettano soltanto all’organo rappresentativo della sovranità popolare: il Parlamento.
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