“Volevano bruciarmi viva quando ho raccontato gli abusi su Twitter”
«Hanno minacciato di bruciarmi viva, e questo solo per aver raccontato su Twitter quel che accade nel mio Paese». Amira Al Hussaini, giornalista di Global Voices Online e blogger, sa bene che nel suo Bahrein anche solo riferire ciò che si vede con i propri occhi può essere un azzardo. Anche per questo quando raggiungiamo al telefono la veterana della blogosphera del regno sciita in piena crisi politica – a Roma per il convegno terminato sabato «La speranza scende in piazza. L’Europa e le primavere arabe» – accoglie con entusiasmo la notizia arrivata dagli Usa.
Collegamenti wireless “fantasma” finanziati dalla Casa Bianca per gli attivisti dei Paesi dove vige la censura sul web. Ingerenza o aiuto?
«È un progetto benvenuto. Gli attivisti dei regimi hanno nella Rete il loro miglior veicolo per fare arrivare denunce di abusi all’estero. Ma facendolo rischiano la vita. Per cui un “internet parallelo” è vitale, tanto più in caso di blackout totali come quello orchestrato da Mubarak prima della sua caduta. Eppure quest’iniziativa non basta, mi aspetto anche altro dagli Usa.
Che cosa?
«Una presa di posizione netta e forte contro la censura via web. Finora Washington ha usato due pesi e due misure quando si è trattato di condannare i Paesi che restringono la libertà di espressione su Internet e la libertà di accesso alla Rete. Che, tra l’altro, è ora che venga inclusa tra i diritti umani».
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