“La generazione web al potere meno tasse alle nuove aziende”

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SANTA MARGHERITA LIGURE – In pensione a 70 anni, uomini e donne senza distinzione. E’ una proposta pro-giovani quella che Jacopo Morelli, 35 anni, neo presidente degli under 40 di Confindustria, lancia dal convegno di Santa Margherita Ligure. Una proposta per non scaricare solo sulle giovani generazioni il costo dell’equilibrio del sistema previdenziale. I giovani al lavoro, magari precario, e gli anziani, magari neanche sessantenni, a riposo, a “bruciare” i contributi accumulati.
Morelli fa l’elenco delle (solite) cose che non vanno: le «catene», le chiama. E sono scuola, mercato del lavoro, welfare, fisco, pubblica amministrazione, giustizia. Ma per una volta il presidente dei Giovani svolge una relazione centrata tutta sui giovani. La sua categoria, appunto.
Non è una questione di nuovi patti generazionali sul modello dell’epoca fordista, secondo Morelli, quanto di far tornare i giovani protagonisti. Come lo sono stati nel periodo del Dopoguerra, nella ricostruzione e poi durante il boom del miracolo economico. «E’ già  capitato che i giovani risollevassero l’Italia», ha detto Morelli. E visto che il nostro «non è un Paese per giovani» e anzi «è contro i giovani», bisogna rimboccarsi le maniche e «lavorare sodo». Fine della stagione dei «bamboccioni». Comincia quella dell’orgoglio giovanile? «Il primo passo da fare – dice Morelli – è sintonizzare la nazione sulle frequenze di una generazione nata dopo la caduta del Muro di Berlino, che è cresciuta a pane e Internet, ha esperienze di studio all’estero, va a Londra con 20 euro». Lì dove il primo ministro ha 44 anni e il ministro dell’Economia 40. Non proprio come in Italia, Paese della gerontocrazia, dell’immobilismo sociale, delle carriere spinte dall’invecchiamento.
Anzianità . E allora: «Giù le mani dal futuro dei giovani», dice Morelli elencando le sue quattro proposte: abbassare le tasse ai giovani (la ministra Giorgia Meloni ha annunciato che ci sarà  qualcosa nella prossima riforma-Tremonti), abbattere l’Irap sulle nuove aziende a partire da quelle fondate da giovani imprenditori, abolire il valore legale dei titoli di studio, e poi, appunto, alzare l’età  pensionabile. Perché solo il 62% degli uomini di età  compresa tra i 55 e i 59 anni è ancora dentro il mercato del lavoro, contro il 78% della media dei Paesi dell’Ocse.
«Questo significa – sostiene Morelli – che gli incentivi al pensionamento, in età  giovanile, sono ancora troppo generosi. D’altra parte siamo noi imprenditori a sapere bene che anche oltre i 60 anni una persona può dare ancora molto nel lavoro». Ma ci vorrebbe «il coraggio di fare scelte». Perché la realtà  resta quella che descrive poco dopo il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini: due milioni di giovani «in panchina» che non lavorano, né studiano, un preoccupante abbandono scolastico, un sistema di ammortizzatori sociali «che ha salvato il lavoro dei genitori e buttato a mare i giovani».

 


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