Zero interessi sul conto corrente delle Poste

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Lo hanno già  definito il “non tasso”, una proposta che – a prima vista – potrebbe rivelarsi un suicidio commerciale e concretizzarsi con una fuga di massa dei risparmiatori. Di sicuro, non arriva nei giorni più propizi per Poste spa, la cui attività  nei 60mila sportelli sparsi per la penisola è tornata alla normalità  solo ieri, dopo giorni di disservizi causati dal sistema informatico andato in tilt.
Ma la realtà  è molto più complessa. L’idea dell’amministratore delegato Massimo Sarmi e dei suoi manager è proprio quella di spingere i correntisti a chiudere il conto Bancoposta. E allo stesso tempo convincerli a passare a un nuovo prodotto, che verrà  pubblicizzato per tutta l’estate. Senza troppa fantasia lo hanno battezzato “Banco Posta più”, con vantaggi e svantaggi completamente diversi dal precedente.
Il Bancoposta in via di rottamazione deve il suo successo – a detta degli addetti ai lavori – alla semplicità  e alla trasparenza dell’offerta: gli unici costi sono i 30,99 euro annui della tenuta conto, cui si sommano i 10 euro sempre all’anno per il bancomat. In cambio, un tasso che ora è pari dello 0,15%. Ora si cambia, con la nuova offerta che assomiglia molto di più a quanto si è solito contrattare in banca: i costi di tenuta conto vengono azzerati a patto di accreditare lo stipendio o la pensione, chiedere la domiciliazione delle bollette e una carta di credito. Lo stesso per il bancomat: i 10 euro vengono azzerati solo con l’accredito di stipendio/pensione e la domiciliazione delle bollette. E il tasso? Sale, si fa per dire, allo 0,25%, ma diventa dell’1%, sempre con la solita clausola dell’accredito stipendio e richiesta carta di credito.
«Vogliamo spingere i nostri correntisti verso un conto più evoluto», è la giustificazione degli esperti di Poste spa. Ma dai consumatori il punto di vista è diverso: «A questo punto è chiaro che le Poste si stanno comportando sempre di più come una banca tradizionale, lo spirito iniziale del Bancoposta era diverso».
Non hanno tutti i torti. Quando nacque, undici anni fa, il Bancoposta era stato pensato dall’allora ad Corrado Passera e dal suo manager Massimo Arrighetti (il vero ideatore del prodotto) per fare concorrenza alla banche proprio sfruttando il lato “oscuro” dei costi dei conti correnti. Non a caso, il mondo del credito aveva fatto terra bruciata attorno alle iniziative delle Poste. Non solo aveva avuto contro l’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio, ma per poter distribuire il bancomat ai suoi correntisti, Passera si era dovuto rivolgere a un circuito estero, per la precisione a “Maestro”: il qualche proprio grazie all’accordo con Poste spa è diventato il leader in Europa.
Ma non è un errore l’accusa di voler sempre più una banca e sempre meno un’azienda che recapita pacchi e raccomandate. Da un lato, sotto la pressione di Confindustria ma anche dell’Unione europea, c’è la concorrenza crescente degli spedizionieri privati, i quali mano a mano che riescono a conquistare quote di mercato, erodono margini di guadagno a Poste spa. Quello che perde nel settore “tradizionale”, l’ad Sarmi se lo vuole riprendere “vendendo” conti correnti, ma anche di polizze Vita (9,5 miliardi raccolti nel 2010) e utenze telefoniche (oltre 2 milioni di sim attivate). C’è di più, come noto: l’obiettivo è diventare il perno centrale di quella Banca del Mezzogiorno che nelle intenzioni del ministro dell’Economia Giulio Tremonti sarà  il motore finanziario per la ripresa economica del Sud Italia. Un obiettivo che, a quanto pare, sta trasformando sempre più Sarmi da postino a banchiere.


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