Fiat, sindacati contro in tribunale Fim e Uilm sfidano la Fiom

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TORINO – Sindacati contro in tribunale. Non è consueto assistere alla divisione nelle aule di giustizia con la Cgil sul banco dell’accusa e Cisl e Uil a difesa dell’accusato. Che in questo caso è la Fiat, per l’accordo di Pomigliano, accordo alternativo al contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici. Ieri Fim, Uilm e Fismic hanno presentato le loro memorie per respingere le tesi della Fiom che accusa l’intesa di andare contro le leggi e di essere nata anche per escluderla dalla fabbrica. «Respingiamo nel modo più fermo – scrivono Fim e Uilm in una nota – la ricostruzione offensiva e pretestuosa contenuta nel ricorso della Fiom di nostre scelte e comportamenti tesi a penalizzare altri sindacati». Fim e Uilm garantiscono di aver firmato l’intesa perché si trattava «di un accordo che ha assicurato lavoro e prospettive industriali a Pomigliano». E che «è stata la Fiom a volersi escludere». Sarcastico il commento del responsabile nazionale dell’auto della Fiom: «Vedo un ampio soccorso alla Fiat da parte degli altri sindacati». Nelle 64 pagine del ricorso, la Fiom chiede che sia «dichiarato illegittimo» l’accordo di Pomigliano e che nello stabilimento «sia data applicazione ai contratti già  vigenti». E questo perché l’intesa sarebbe peggiorativa dei contratti nazionali. A sostegno di questa tesi i legali della Fiom citano un articolo del professor De Luca Tamajo, definito nel ricorso «uno dei principali consulenti Fiat». Nel testo citato Tamajo afferma tra l’altro che «il contratto collettivo di Pomigliano finirebbe per penalizzare, in punto di trattamento di malattia, di straordinario, di pause, gli iscritti ai sindacati consenzienti rispetto agli iscritti alla Fiom», per i quali varrebbe il contratto precedente se la fabbrica non uscisse da Confindustria.

Come evitare la battaglia legale? Ieri Emma Marcegaglia ha annunciato che «Confindustria sta lavorando alacremente per fare un accordo sulla rappresentanza in fabbrica» che si basa sul principio per cui sono validi «gli accordi firmati con i sindacati che rappresentano la maggioranza dei lavoratori». E’ il principio sostenuto nella proposta di legge presentata dal senatore del Pd Pietro Ichino.
Al momento però il livello della polemica tra Cgil, Cisl e Uil non sembra garantire intese. Raffaele Bonanni ha ieri accusato la segretaria della Cgil: «Susanna Camusso non fa accordi per salvare posti di lavoro, noi sì». Toni duri che fanno apparire quasi dialogante l’atteggiamento di Sergio Marchionne, ieri a Torino. Commentando l’intervista a Repubblica di Susanna Camusso («Se la Fiat rispetta gli impegni, noi faremo la nostra parte su turni e produzione»), l’ad del Lingotto ha replicato: «Se si tratta di risolvere problemi gli obiettivi sono totalmente in linea. Altri tipi di apertura non mi interessano». Per l’ad «l’impegno di Fiat in Italia è chiaro». E se la questione della sede del futuro gruppo «non è di attualità », Marchionne definisce come «fantascienza», le ipotesi di un aumento di capitale di Chrysler.

 


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