Davanti al giudice la resa dei conti Fiat-Fiom rivoluzione in vista per tutte le parti sociali

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TORINO – Il primo a fare gli straordinari sarà  il giudice del lavoro Vincenzo Ciocchetti, che ha convocato la prima udienza di sabato, il 18 giugno prossimo. Il processo che si aprirà  quel giorno a Torino potrebbe essere decisivo non solo per il braccio di ferro tra la Fiat e la Fiom ma anche per i rapporti tra Confindustria e il suo principale associato.
Sul tavolo il riscorso dei metalmeccanici della Cgil contro l’accordo “di primo livello” di Pomigliano del 29 dicembre 2010. Un accordo che si definisce alternativo ai contratti nazionali di Confindustria perché «del tutto idoneo a sostituire il contratto nazionale dei metalmeccanici». E questo è precisamente uno dei due nodi da sciogliere. L’altro è quello della rappresentanza in fabbrica: se cioè sia legittimo per un’azienda consentire solo alle organizzazioni firmatarie di un accordo la possibilità  di svolgere attività  sindacale.
I due punti sono legati. La Fiat è uscita dal contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici perché ha deciso di uscire dai vincoli che legano le imprese associate a Confindustria agli accordi sottoscritti nel tempo dall’associazione di Emma Marcegaglia con i sindacati. La principale di queste regole è l’accordo interconfederale del 1993 che concede il diritto a essere rappresentanti in fabbrica a tutti i sindacati firmatari dei contratti nazionali di lavoro. Fino al 31 dicembre 2011, la Fiom è firmataria del contratto nazionale del 2008 e dunque non può essere tenuta fuori da una fabbrica. Uscendo da Confindustria e creando un contratto nazionale alternativo, quello di Pomigliano, la Fiat ha negato rappresentanti di fabbrica ai sindacati che non hanno sottoscritto gli accordi con il Lingotto. Per arrivare a questo punto però è stato necessario ricorrere a un artificio: i dipendenti di Pomigliano sono stati licenziati dalla Fiat e assunti da una nuova società , la “Fabbrica Italia Pomigliano” che assume solo coloro che firmano il nuovo contratto fuori dalle regole di Confindustria.
Quest’ultimo passaggio, la creazione di una nuova società  con regole diverse da quella precedente, è il punto di attacco del ricorso della Fiom. «Quell’artificio – dicono gli avvocati della Cgil – è stato messo in atto per aggirare l’articolo 2112 del codice civile che vieta espressamente di creare nuove aziende con l’obiettivo di modificare i contratti». Se fosse stato applicato il codice civile, sostengono gli avvocati della Fiom, la Fiat non avrebbe potuto far uscire la fabbrica di Pomigliano da Confindustria e non avrebbe potuto escludere la stessa Fiom dalla rappresentanza in fabbrica. Fim, Uilm, Fismic e Fiat replicheranno in aula che le condizioni di lavoro previste dal contratto di Pomigliano sono migliorative rispetto al contratto nazionale di Confindustria. E che dunque nel passaggio i dipendenti di Pomigliano non hanno perso nulla se non il diritto ad essere rappresentati in fabbrica anche da un sindacato che dissente rispetto ai princìpi dell’azienda.
La sentenza di Torino arriverà  presumibilmente entro l’estate. Se sarà  favorevole alla Fiom, la Fiat si troverà  in una situazione certamente imbarazzante. Tuttavia non è scontato che quella condanna metta fuorilegge automaticamente l’accordo di Pomigliano. Molto dipende da quali imposizioni detterà  il giudice. Se il tribunale riconoscerà  la tesi dei legali della Fiom, potrebbe condannare il Lingotto anche per attività  antisindacale, per aver cioè congegnato un meccanismo per escludere un sindacato. Ma che cosa accadrà  dopo? Ambedue le parti rischiano. Il problema di Marchionne è quello del tempo: «Non posso – dice l’ad – inchiodare un investimento a quattro anni di discussioni in tribunale». Se vincerà  la Fiat, la Fiom sicuramente ricorrerà  in appello. Ma se vince la Fiom, gli accordi di Fabbrica Italia rischiano di decadere subito. Per questo si sta cercando una via d’uscita diversa. L’idea del ministro Sacconi è quella di una legge che consenta in certi casi di sostituire un contratto nazionale con contratti aziendali. Ma difficilmente si potrà  trovare una legge che escluda dalla rappresentanza i sindacati che non sono d’accordo con la filosofia aziendale. Ed è quest’ultimo il punto che sarà  al centro del processo di Torino. Un punto decisivo per i rapporti sindacali in tutte le aziende italiane.

 


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