E la Lega pensa allo strappo

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 Per capire cosa ne sarà  dell’attuale maggioranza dopo il sisma che l’ha travolta in tutta Italia con pari violenza devastante, occorrerà  decifrare infatti proprio le mosse del partito di Bossi: il vero grande sconfitto di queste elezioni assieme a quello di Silvio Berlusconi. Il risultato negativo della Lega ha infatti svuotato di senso tutti gli scenari su cui si sono esercitati sinora i sondaggi in previsione di nuove elezioni politiche.
Tutti questi scenari, a parte marginali variazioni numeriche, erano infatti fondati sulla previsione che l’ineluttabile crisi del Pdl sarebbe stata compensata dal contestuale boom dei voti leghisti, lasciando sostanzialmente inalterato il margine di vantaggio del centrodestra sui competitori dell’opposizione. Questo schema è esploso in un weekend fatale che ha stravolto la cornice politica degli schieramenti così come li abbiamo conosciuti sinora. La Lega è stata severamente punita insieme a Berlusconi, abbandonata da una base popolare infuriata, delusa e stremata da un’alleanza con il Pdl che le sta erodendo consenso e credibilità . Per la prima volta Bossi è stato colpito a causa della sua alleanza con Berlusconi. Per la Lega si è simbolicamente chiusa la stagione della coalizione di centrodestra. Questo è un dato certo, malgrado le dichiarazioni rassicuranti diffuse dalla Lega nella serata di ieri. Incerti sono solo i modi, i tempi e il linguaggio con cui avverrà  l’operazione sganciamento della Lega da questa maggioranza. Con ogni probabilità , la Lega farà  della richiesta di una nuova legge elettorale proporzionale, alla «tedesca» , con lo sbarramento e senza l’obbligo di alleanze precostituite, il simbolo della rottura definitiva del patto oramai consumato che la tiene avvinta al destino di Berlusconi. Una richiesta che potrebbe ottenere il consenso non solo del Terzo Polo, ma anche della parte maggioritaria del Pd e persino della sinistra «radicale» rappresentata da Vendola. Il ritorno al sistema proporzionale potrebbe suonare come il segno della liberazione da vincoli di coalizione oramai percepiti come una gabbia soffocante, a destra, ma anche al centro e a sinistra. «Andare da soli» suonerebbe come il refrain del nuovo proporzionalismo. Una rivendicazione delle mani libere, il sintomo dell’insopportazione per i ricatti e i veti di coalizione che hanno intossicato il fragile bipolarismo maggioritario della Seconda Repubblica. Il principale sconfitto sarebbe Berlusconi, che della «religione del maggioritario» si è fatto artefice e sacerdote per oltre un quindicennio sin dalla sua avventurosa «discesa in campo» . E se l’appello leghista trovasse il consenso della maggior parte delle forze politiche che si oppongono a Berlusconi, si sarebbe innescato il detonatore capace di far deflagrare ciò che resta della Seconda Repubblica. Il sistema proporzionale, come si vede dall’esempio tedesco, non è in sé un ostacolo insuperabile per la democrazia dell’alternanza. Ma in Germania il sistema politico è strutturato su partiti forti e stabili che danno all’elettorato il senso di schieramenti alternativi che si fronteggiano. In Italia questa forza dei partiti non c’è, men che mai in una condizione di potenziale e caotico sfaldamento del partito che di Berlusconi è diretta e imprescindibile emanazione. Il bipolarismo italiano si è identificato totalmente nella figura di Berlusconi, anche nella parte che gli si è opposta e che ha trovato nell’antiberlusconismo il fattore coesivo più potente. Lo sganciamento della Lega dal Pdl, se si associasse a una battaglia per il sistema proporzionale, intonerebbe inevitabilmente il de profundis non solo per il berlusconismo, ma per la stagione bipolarista così come si è imposta in Italia negli ultimi quindici anni. Un terremoto politico dagli esiti incerti e tumultuosi. Un disordine che si farebbe a fatica a definire, con Schumpeter, «distruzione creatrice» .


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