Venezuela, Washington sanziona Pdvsa

Loading

Da ieri la compagnia petrolifera statale venezuelana Pdvsa è sottoposta a sanzioni da parte degli Usa. Insieme a Pdvsa ci sono altre sette imprese internazionali. L’accusa mossa dalla segretaria di Stato Hillary Clinton, è quella di contribuire allo sviluppo del settore energetico iraniano e di conseguenza a quello nucleare, considerato un pericolo da Washington. Per la precisione Pdvsa sarebbe stata sanzionata per aver esportato in Iran fra dicembre 2010 e marzo 2011 un additivo per il miglioramento della qualità  della benzina, con un valore di circa 50 milioni di dollari.

Dunque, PCCI (Jersey, isolotto nella Manica),, Royal Oyster Group e Speedy Ship (Emirati Arabi Uniti), Tanker Pacific (Singapore), Ofer Brothers Group (Israel)e, Associated Shipbroking (Principato di Monaco) sperimentano sulla propria pelle gli effetti di due legge statunitensi: l’Isa (Iran Sanction Act) legge Usa del 1996 e della conseguente Comprehensive Iran Sanctions, Accountability and Divestment Act del 2010.

In sostanza, le sanzioni imposte non consentiranno alle suddette aziende di avere accesso al credito dell’Export-Import Bank Usa oltre all’impossibilità  di prendere parte alle gare per ottenere licenze e per quelle per ottenere contratti commerciali con Washington.

Detto così sembrerebbero sanzioni di una certa importanza, ma la nota del Dipartimento di Stato Usa precisa anche che le sanzioni stesse non verranno applicate a aziende controllate da Pdvsa. È il caso di Citgo, presente negli Usa e che continuerà  a distribuire carburante ai suoi clienti. Non solo. Le sanzioni non prevedono in alcun modo il blocco delle esportazioni venezuelane di greggio verso gli Stati Uniti.

Insomma, sembra essere più una dimostrazione di forza, un’esposizione di muscoli e un avvertimento, piuttosto che un fatto concreto. Anche perché le sanzioni emesse sembrano essere facilmente aggirabili. Inoltre, sono molti quelli che credono che l’amministrazione Usa non abbia nessuna convenienza a stuzzicare Hugo Chavez che fornisce il 25 per cento circa del greggio di cui Washington ha bisogno.

Ne è convinto anche Alfredo Somoza, Istituto Cooperazione Economica Internazionale. “La decisione degli Stati Uniti a mio avviso – dice Somoza – va anche fuori dall’attualità , considerando che la tensione fra Caracas e Washington è da un po’ di tempo totalmente calata“.

“Sono quelle decisioni che vanno un po’ in automatico. Non mi pare che l’intenzione di Obama sia quella di alzare i toni e la tensione con il Venezuela” continua il presidente Icei che aggiunge: “Secondo me è stata una dimostrazione di forza. Il Dipartimento di Stato Usa ha voluto in qualche modo ‘segnare il territorio’. Ricordare a tutti che Washington non dimentica. E comunque, non vedo grandi conseguenze da queste sanzioni tantomeno eventuali riaperture di fronti di conflittualità “.

Infine, Somoza ricorda che le sanzioni Usa “sono state applicate anche a altre nazioni come la Bielorussia e altri stati che hanno avuto scambi commerciali con Teheran. Comunque, confermo che a mio parere gli Usa stanno solo provando un nuovo modo di governance, che passa dall’imposizione di sanzioni, ma che a mio avviso è ‘bollito’. Ripeto mi sembra solo una dimostrazione di forza”.
Ridicole“. Così alcuni deputati del partito Socialista Unito del Venezuela hanno definito le sanzioni Usa.


Related Articles

Migranti bloccati, ora «Amlo ha l’alibi per militarizzare il Messico»

Loading

Intervista a Luis Hernandez Navarro. Secondo l’opinionista del quotidiano «La Jornada» il conflitto imposto da Trump con la minaccia di dazi economici ha fatto crescere un’onda xenofoba

Euro tunnel

Loading

Scenari. Una moneta senza Stato, la Bce che protegge la finanza dall’inflazione, salva le banche fallite e non protegge dalla recessione. Ma cosa accadrebbe se si tornasse alle valute nazionali? Intervista al candidato socialista alla Commissione Martin Schulz: «Sì ai tagli, basta con l’austerità»

Bruxelles apre alla flessibilità per l’Italia

Loading

La Commissione europea orientata a riconoscere lo 0,8% di margine chiesto da Roma per riforme, investimenti e migranti. Ma resta lo scoglio del maxi debito pubblico

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment