S&P continua l’offensiva contro l’Italia
ROMA – Continua il pressing di Standard & Poor’s sull’Italia. Dopo aver rivisto da «stabile» a «negativo» l’outlook del debito pubblico nazionale – in pratica le sue prospettive – e anzi proprio in funzione di quella bocciatura, l’agenzia di rating estende ora il suo giudizio. Vengono così riviste al ribasso anche le prospettive di quattro banche italiane (Mediobanca, Bnl, Findomestic e Intesa Sanpaolo), della Cassa Depositi e Prestiti, delle Poste e di 12 enti regionali e locali. I rating per adesso restano invariati.
La decisione segue il duro giudizio espresso sul paese lo scorso 21 maggio, subito contestato dal ministro Tremonti. In quell’occasione S&P, come viene chiamata, aveva fatto sapere di nutrire poca fiducia nella crescita, poche speranze sulle capacità del governo di cambiare il paese e molti dubbi «sull’ingorgo» che attanaglia la politica interna. Adesso, in una nota, spiega che la sforbiciata alle banche è di tipo, per così dire, preventivo. Ovvero l’agenzia potrebbe dover tagliare i loro rating «nel caso si verificasse un declassamento del debito sovrano dell’Italia, visti i profili prevalentemente domestici» del loro business. Invariato il giudizio su Cariparma e Credito sportivo. Decurtate invece le prospettive delle sussidiarie Imi, Banca infrastrutture innovazione e sviluppo (Biis) e Cassa di Risparmio di Bologna.
Il taglio dell’outlook della Cassa Depositi e Prestiti è dovuto al fatto che l’istituto «gioca un ruolo critico, considerato il proprio mandato pubblico-politico e la stretta connessione con il governo italiano». Le Poste vengono considerate una «entità legata al governo».
Le Regioni che subiscono il peggioramento dell’outlook sono: Marche, Sicilia, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Umbria. Nell’elenco figurano poi la Provincia di Roma, quella di Ancona e di Mantova. Tra i Comuni: Bologna, Genova e Lucca.
La sostanziale automaticità della decisione di S&P ha portato a un contraccolpo in Borsa. Dopo un brusco calo dei titoli bancari made in Italy contemporaneo alla diffusione della notizia, a Piazza Affari Intesa Sanpaolo, sotto aumento di capitale, chiude la seduta con un calo dell’1,06%; Mediobanca perde invece lo 0,47%. E’ andata peggio per altri titoli bancari non interessati dal giudizio degli analisti dell’agenzia anglosassone, come Banco Popolare e la Banca popolare di Milano, che hanno ceduto rispettivamente l’1,48% e l’1,32%.
Per Intesa Sanpaolo, in particolare, S&P vede come fattori negativi «la concentrazione del business in Italia dove il rischio economico è più elevato della media dell’Unione europea, una qualità degli asset in qualche modo inferiore rispetto a concorrenti dello stesso tipo in Europa e la forte concentrazione su un solo marchio». Anche Mediobanca in questo tipo di analisi paga «l’elevata concentrazione delle attività in Italia», come pure «un profilo degli impieghi vulnerabile al rischio-eventi». A sostegno dell’istituto ci sono invece «la solidità di capitale, l’esperienza accumulata nella gestione dei rischi di credito e di mercato».
Related Articles
Arpe scende in campo per rilanciare Bpm “Ci metto la faccia, nessun compromesso”
La Consob chiede approfondimenti entro tre giorni sul tema delle carriere pilotate dagli Amici
«Misure sulla casa da riscrivere»
Brunetta (Pdl): ecco le condizioni. Epifani: le spiagge sono di tutti
Austerità , guerre monetarie e crisi della globalizzazione
La Germania si rinchiude sempre più nel suo fortino e si affida all’oro Il bilancio europeo sacrifica ricerca e innovazione Il titolo del Sole 24 Ore di sabato scorso diceva (quasi) tutto quello che c’è da dire sul recente vertice di Bruxelles: «L’Europa vara il bilancio di austerità ».