Il giorno dopo lo tsunami

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L’immagine della (annunciata) debacle socialista del 22 maggio è quella di un uomo (Zapatero) che sa che sta per arrivare lo tsunami sulla spiaggia in cui vive ma sa di non poter fuggire, e quindi aspetta l’onda. L’onda, anomala se non altro per le sue dimensioni, è arrivata e ha spazzato via l’uomo e il suo partito. Il Partido socialista obrero espaà±ol. Che ha subito la peggior batosta da quando la Spagna tornò alla democrazia, nel ’75, regalando al centro-destra fino a ieri d’opposizione, il Partido popular, oggi il controllo del paese a livello locale – i municipi e la comunidades, le regioni autonome – e domani (nel marzo 2012, elezioni politiche) quello delle Cortes, il parlamento.

Il disastro dei socialisti era atteso – e meritato – ma è la sua dimensione che spaventa. Ieri Mariano Rajoy, lo squallidissimo leader del Pp, ha già  chiesto di nuovo «elezioni anticipate», perché i «populares possano tirar fuori la Spagna dalla crisi» che ha affogato Zapatero. Balle, naturalmente, perché il Pp non ha proposte alternative credibili, di fronte alla crisi, al «mercato» che reclama altri aggiustamenti, a quelle accettate sciaguratamente da Zapatero. Ha solo «mas de lo mismo», più della stessa ricetta.
La dimensione della batosta è resa ancora più drammatica dal fatto che non è il Pp ad aver vinto il voto di domenica ma il Psoe ad averle perse. Il Pp ha avuto il 37% e meno di due punti in più rispetto alle amministrative del 2007. E’ stato il Psoe a finire dietro di 9 punti (28%). 
L’unico vero risultato di Riajoy è stato essere riuscito a fare delle elezioni amministrative di domenica una sorta di primo turno delle politiche dell’anno prossimo (o prima, perché non è affatto detto che con un governo centrale così debole e una crisi economico-sociale così forte, Zapatero arrivi al marzo 2012, anche se ieri, the day after, ha ripetuto per l’ennesima volta di voler arrivare fino in fondo al suo Golgota). I socialisti hanno cercato invano di fermare la valanga in arrivo riportando il voto alle sue dimensioni «locali». I «baroni» regionali del Psoe, vedendo evaporare il loro potere in loco, hanno preteso che Zapatero annunciasse l’intenzione di non ripresentarsi per un terzo mandato nel 2012. Non è servito a nulla. Riajoy e compagnia bella (anzi brutta, perché il centro-destra spagnolo molto spesso è molto più destra, con punte cavernicole, che centro) bastava che chiedessero alla folla nei loro comizi: chi ha congelato le pensioni? Chi ha tagliato i salari del pubblico impiego? Chi ha portato ai quasi 5 milioni di disoccupati? Chi ha innalzato l’Iva? Chi ha cancellato il sussidio dei 400 euro per ogni figlio nato? La risposta era scontata: Zapatero.
A Zapatero l’elettorato spagnolo, non solo quello di destra ma anche quello di sinistra, ha presentato domenica la fattura di una gestione sciagurata della crisi economica piombata in Spagna alla fine del 2008, solo pochi mesi dopo la sua riconferma alla guida del paese nelle elezioni di marzo. 
Ora Zapatero è bruciato e il Psoe ha perso tutto. Bastioni storici come Castilla-La Mancha, Barcellona (il sindaco da 32 anni era socialista), Siviglia, i Paesi baschi (dove la coalizione Bildu della sinistra abertzale, appena riammessa al consesso elettorale ha avuto un clamoroso 25%). Prima di domenica il Psoe governava in 9 delle 17 regioni spagnole. Ora gliene rimane (forse) solo una, la Extremadura, e le altre che aveva le ha mantenute solo perché non si è votato (la Catalogna l’ha persa in novembre, l’Andalusia la perderà  in marzo).
A parte Bildu, che ha beneficiato della tregua proclamata dall’Eta ma che sarà  un fattore di ulteriore complicazione per il governo centrale, l’altra grande novità  del 22 marzo era il movimento degli indignati. In apparenza non ha avuto molta influenza immediata sul voto: l’astensione è diminuita, i voti bianchi e nulli aumentati ma non in modo significativo. E il vincitore, il Pp, è quanto di più lontano ci possa essere dalle richieste della «repubblica della Puerta del sol». Neanche la Izquierda unida è riuscita a intercettare la protesta. E’ aumentata di 200 mila voti e di un punto (dal 5 al 6%), dando segni di vita, ma ha perso la sua città -simbolo – Cordoba, passata alla destra -, anche se spera di poter fungere da cerniera in certi municipi e regioni per tirare a sinistra il Psoe. Si vedrà  cosa succede. Per ora lo tsunami ha travolto il Psoe, come annunciato, ma il naufrago Zapatero sembra deciso ad andare avanti con la sua ricetta neo-liberista di risposta alla crisi. Masochista fino in fondo.


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