S&P vede nero sulla crescita italiana “L’ingorgo politico pesa sul debito”

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ROMA – Poca fiducia nella crescita, poche speranze sulle reali capacità  del governo di cambiare il paese e molti dubbi, invece, sull’«ingorgo» che attanaglia la politica interna. Standard&Poor’s non prevede una svolta positiva nel futuro dell’Italia, ecco perché ieri ha abbassato il nostro outlook (l’indice che misura le prospettive del paese) da «stabile» a «negativo». Niente da dire sulla attuale capacità  del paese di far fronte ai rimborsi dei debiti e degli interessi (misurati dal rating che è rimasto invariato), ma sul domani non ci siamo. Un giudizio netto che il Tesoro e il ministro Tremonti hanno immediatamente respinto, ma che ha aperto il fronte alle polemiche sulla credibilità  del paese. 

Una credibilità  attorno alla quale il rapporto di S&P – la prima delle tre big del settore ad esprimersi (le altre sono Fitch e Moody’s) – solleva diversi dubbi, soprattutto riguardo alla possibilità  di centrare gli obiettivi di finanza pubblica, di raggiungere il pareggio di bilancio previsto per il 2014 e di ridurre progressivamente il debito pubblico. Per l’agenzia «la probabilità  che i rating possano essere abbassati nei prossimi 24 mesi» supera il 33 per cento. Di fatto – prevede S&P – c’è una possibilità  su tre che nei prossimi due anni l’affidabilità  dell’Italia subisca uno smacco.
A delineare questo quadro sarebbero da una parte «le attuali prospettive di crescita debole», dall’altra la fragile azione di governo. «L’impegno per riforme che aumentino la produttività  sembra incerto» analizza S&P e «il potenziale ingorgo politico potrebbe contribuire ad un rilassamento nella gestione del debito pubblico». Le prospettive di ridurlo sono in calo, ma non solo: «le misure contenute nel Piano di Riforma non sono sufficienti a stimolare la crescita» e «le prospettive potrebbero ulteriormente diminuire a causa dello sfavorevole profilo demografico».
Un’analisi sfavorevole che il ministro dell’Economia Tremonti ha subito smentito: «L’Italia rispetterà  gli impegni presi e non c’è nessun rischio di paralisi politica» ha commentato con una nota, precisando anche che sono semmai «in avanzata fase di preparazione i provvedimenti mirati al rispetto dell’obiettivo di pareggio di bilancio per il 2014: entro luglio avranno l’approvazione del Parlamento». S&P, afferma poi il Tesoro, ha basato il suo giudizio su dati fermi allo scorso dicembre, indici che nel primo trimestre di quest’anno «non solo non hanno subito variazioni sfavorevoli, ma in alcuni casi sono risultati migliori».
Una botta e risposta, quella fra governo e agenzia, sulla quale è immediatamente fiorita la polemica politica. Se per il ministro del Lavoro Sacconi «S&P prescinde da dati oggettivi», per il leader del Pd Bersani l’agenzia conferma che «il paese deve liberarsi urgentemente dalle divagazioni e dalle cialtronesche vanaglorie personali di cui è vittima e concentrarsi su una diversa politica economica e su un programma stingente di riforme». L’analisi divide anche il sindacato. Bonanni, leader della Cisl non intende ascoltare l’avvertimento contenuto nel rapporto «Andiamo ancora dietro alle agenzie che per dieci anni ci hanno preso per il c…?» si chiede. La Cgil è convita invece «che il paese rischi grosso». Lo crede anche «Famiglia Cristiana», il settimanale cattolico che ieri apriva il suo sito on-line con il titolo: «Conti pubblici, che mazzata!».


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