Digiuno di protesta

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Montanelli     diceva     che la vita è degna di essere vissuta finché si è in grado di andare in bagno da soli. Mio fratello Michele la pensava allo stesso modo. Malato terminale di leucemia, aveva sopportato stoicamente sofferenze e terapie. Poi, una sera, aveva avuto un primo episodio di incontinenza, con tutte le umilianti conseguenze del caso. Poche ore dopo, all’alba, si è gettato dal quarto piano. Eluana Englaro era in uno stato in cui non si poteva parlare, a rigore, di sofferenze fisiche, data la sua condizione «vegetativa». Ecco come ne descrisse le condizioni Francesco Paolo Casavola, cattolico «adulto», già  presidente della Corte Costituzionale e del Comitato Nazionale di Bioetica: «Per 16 anni Eluana è stata priva della funzione cognitiva, ma non di quella vegetativa. Estranea ad ogni realtà  esterna, ha però conservato respiro, circolazione del sangue, ritmo veglia-sonno, è stata alimentata con la sonda, idratata, liberata delle feci con clisteri, delle urine con cateteri, spostata dal letto alla postura in poltrona, è stata vista aprire meccanicamente gli occhi incapaci di vedere». Alla vigilia della possibile approvazione, alla Camera, della legge sul testamento biologico, del terzo presidio organizzato a Montecitorio, domani e il 19 maggio, dalla Associazione Coscioni e da altre dieci associazioni laiche e del mio terzo «digiuno di dialogo», ho fatto riferimento ad una caustica battuta di Montanelli, alla vicenda di mio fratello ed al dramma indicibile di Eluana Englaro per evidenziare un tema che mi è apparso trascurato nel dibattito sul testamento biologico. In questo dibattito si è molto parlato del divieto, formulato nell’articolo 32 della Costituzione, di imporre terapie a chi non le vuole. Si è però trascurato il fatto che l’articolo 32 contiene un’altra affermazione tassativa: «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Dunque, la dignità  della persona non può essere violata, né dai medici né tanto meno da pessimi legislatori. Non c’è bisogno che il malato sopporti sofferenze atroci. Dovrebbe bastare, per consentirgli di morire in pace, che egli – malato terminale, sventurata creatura in stato vegetativo permanente o anziano abbrutito dalla fase più acuta di un Alzheimer – abbia dichiarato in anticipo di non voler vedere offesi e calpestati la sua umanità , il suo pudore.
Che rispetto hanno della «persona umana» coloro che vogliono imporre per legge un trattamento come quello inflitto ad Eluana? Mi auguro ancora che questa legge, inumana e incostituzionale, non giunga mai ad essere approvata dal Parlamento. Ma in questo caso penso che essa – se non interverranno prima il Capo dello Stato o la Corte Costituzionale – sarà  spazzata via da un referendum abrogativo che questa volta nessun Ruini sarà  in grado di far fallire.


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